Space vampires (Tobe Hooper, 1985)
Space Vampires (Lifeforce)
di Tobe Hooper – GB 1985
con Steve Railsback, Mathilda May
*1/2
Visto in divx, per ricordare Tobe Hooper.
Gli astronauti di una navetta dell'ESA, in missione per studiare il passaggio della cometa di Halley, si imbattono in una misteriosa navicella aliena contenente tre corpi umanoidi, in stasi e praticamente perfetti. Portati sulla Terra, questi però si rivelano essere dei "vampiri" extraterrestri, che si nutrono delle energie vitali degli esseri umani. Ne seguirà un'epidemia che metterà a ferro e fuoco le strade di Londra (le vittime dei vampiri alieni, mummificate, diventano infatti a loro volta assetate di energie vitali): ma per fortuna uno degli astronauti sopravvissuti, il colonnello Carlsen (Railsback), ha instaurato un legame mentale con la "space girl" Mathilda May (o forse con le sue tette!). E insieme all'agente speciale Colin Caine (Peter Firth) e allo scienziato Fallada (Frank Finlay) cercherà di arrestare la minaccia. B-movie fantascientifico di produzione britannica (il che spiega perché si svolga a Londra), tratto da un romanzo di Colin Wilson e sceneggiato anche da Dan O'Bannon, è rimasto famoso (anzi, "famigerato") più per la nudità della May che non per altri motivi. È infatti evidentemente girato al risparmio (fu il primo di tre lungometraggi realizzati da Hooper per la Golan-Globus, ovvero l'ex casa di produzione Cannon Films, specializzata in pellicole low budget) e, nonostante il profluvio di effetti speciali (opera di John Dykstra e nemmeno troppo malvagi, per un'epoca antecedente alla CGI), poco accattivante e alquanto derivativo (mescola di tutto, da "Alien" agli zombi di Romero). I fondi vennero a mancare durante la lavorazione, e questo spiega perché alcune importanti svolte della trama non vengono nemmeno mostrate ma sono soltanto raccontate a voce dai personaggi (per esempio, l'uccisione di uno dei vampiri maschi da parte di Fallada). All'epoca, in pieni anni ottanta, il film era probabilmente godibile (pur se nel genere "guilty pleasure"): rivisto oggi, si trascina stancamente e senza offrire particolari brividi. In un ruolo minore (il direttore della clinica) si riconosce un Patrick Stewart non ancora del tutto calvo. Scrausi pure l'adattamento e il doppiaggio italiano, con abuso di termini in inglese senza motivo ("space girl", naturalmente, come tutti chiamano la vampira aliena, ma anche "intergalactic pest", che è pure sbagliato perché peste si dice semmai "plague").
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