L'insulto (Ziad Doueiri, 2017)
L'insulto (L'insulte)
di Ziad Doueiri – Libano 2017
con Adel Karam, Kamel El Basha
***1/2
Visto al cinema Colosseo, con Marisa, in originale con sottotitoli (rassegna di Venezia).
Dal Libano giunge ancora una pellicola sul tema della difficile coabitazione di gruppi etnici o religiosi diversi all'interno dello stesso paese, argomento affrontato molto spesso dal cinema di recente (da "E ora dove andiamo?" a "La donna che canta"). E la didascalia introduttiva, che precisa che le opinioni del regista e dei cineasti non rispecchiano necessariamente quelle del governo libanese, rivela come la questione, a molti anni dalla fine della guerra civile, sia ancora spinosa e delicata. Non a caso: come in tutto il Medio Oriente, in Libano persistono rancori, pregiudizi, intolleranze e astiosità ataviche e viscerali. In questo film, tutto parte da un episodio apparentemente insignificante: ma quella che sembra una banale lite condominiale – sfociata in un pesante insulto – fra l'irascibile meccanico Toni Hanna (Adel Karam) e l'orgoglioso capomastro edile Yasser Salameh (Kamel El Basha), assume connotazioni via via sempre più vaste e pesanti, coinvolgendo dapprima le rispettive comunità (Toni è un militante del partito cristiano, Yasser un profugo palestinese); trasferendosi poi in tribunale, dove a difendere i due protagonisti ci sono rispettivamente il potente avvocato di destra Wajdi Wehbe (Camille Salameh) e la giovane idealista Nadine (Diamand Bou Abboud); e ampliandosi infine a tutto il paese, con proteste nelle strade, vasto spazio sui media, e persino l'intervento dei politici e delle più alte cariche dello stato. Ma proprio quando sembra che l'escalation sia destinata a non avere fine, tirando in ballo ferite nascoste, antichi traumi ed episodi ormai rimossi del tragico passato del paese, i due litiganti scopriranno di avere in comune molto più di quanto credessero. E che i veri motivi alla base della lite non erano certo una grondaia troppo sporgente o qualche parola di troppo... Un film che sorprende man mano che procede, che mescola drammi e sfumature da commedia (i battibecchi fra i due avvocati, che in realtà sono padre e figlia, ricordano quelli di pellicole americane come il classico "La costola di Adamo" con Spencer Tracy e Katharine Hepburn), che sotto la forma del courtroom drama affronta temi sensibili come l'odio razziale, la spirale di vendetta, le atrocità della guerra civile, il tutto mantenendo però il focus sui singoli personaggi con tanto di riflessioni sulla memoria. E proprio dal passato (che va superato ma non dimenticato) e dalle esperienze degli individui, sfrondati dai sovratesti ideologici, potrà nascere la speranza di una riconciliazione. Un film che parte da una piccola storia per lanciare un grande messaggio, decisamente universale (e applicabile a qualsiasi parte del mondo). Magari non particolarmente sofisticato dal punto di vista cinematografico, ma nondimeno perfettamente funzionale ai suoi intenti, e incredibilmente equilibrato nel mostrare le ragioni e le motivazioni di tutti (raggiungendo il culmine con il grido di uno dei due avvocati: "Nessuno ha l’esclusiva sulla sofferenza!"), con una semplicità e un buon senso quasi anacronistico, in ogni caso merce rara oggi nel cinema e nella vita. El Basha ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile.
2 commenti:
Bellissimo film che man mano che procede coinvolge sempre di più per la possibilità di riconoscersi in tanti aspetti ( la orgogliosa dignità dell'individuo, la difficoltà di superare una pur piccola frustrazione se questa cade su un terreno fragile per i traumi dell'infanzia...)e strappa un sorriso per le condivisibili battute sulla superiorità dei prodotti tedeschi, se pur di seconda mano rispetto a quelli cinesi nuovi...
Una grande seduta collettiva di psicoanalisi fatta bene!
Sì, anche un piccolo dettaglio come l'opinione sui prodotti tedeschi e cinesi finisce con l'accomunare i due litiganti (emblematico lo sguardo che Toni lancia a Yasser in quel momento).
Nelle prime fasi del processo c'è proprio una battuta sul fatto che, anziché in un'aula di tribunale, sembra di essere a una seduta di psicanalisi! ^^
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