È solo la fine del mondo (Xavier Dolan, 2016)
È solo la fine del mondo (Juste la fin du monde)
di Xavier Dolan – Canada/Francia 2016
con Gaspard Ulliel, Marion Cotillard
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Visto al cinema Orfeo, con Sabrina e Daniela,
in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).
Dopo dodici anni di assenza, il trentasettenne Louis (Gaspard Ulliel), drammaturgo gay, torna nella casa di famiglia con l'intenzione di comunicare ai parenti la notizia della sua morte imminente. Ma l'incontro con la madre (Nathalie Baye), il fratello maggiore (Vincent Cassel), la sorella minore (Léa Seydoux) e la cognata (Marion Cotillard) si rivela più difficile di quanto avesse immaginato. Tratto da un dramma teatrale di Jean-Luc Lagarce, a metà fra le tensioni familiari di Tennessee Williams e il teatro dell'assurdo di Samuel Beckett, un film diverso rispetto agli altri lavori di Dolan, pieno di dialoghi che girano intorno all'argomento senza riuscire ad esprimerlo. Fra chiacchiere e banalità, incertezze, imbarazzi e silenzi, Louis si scopre incapace di comunicare quello che aveva intenzione di dire, e nel frattempo è sovrastato dai parenti, che proiettano su di lui rimpianti, conflitti, sfoghi e frustrazioni: i ricordi e i rimorsi della madre, le speranze della sorella, il rancore e l'invidia del fratello, la curiosità della cognata (l'unica con cui riesce a stabilire un contatto, anche perché è una nuova conoscenza). E tutto gira intorno al "non detto", al tentativo doloroso di Louis di riempire un vuoto (quello del tempo perduto, o quello che verrà dopo la sua morte), attendendo un momento giusto che naturalmente non arriverà mai. La regia si concentra sui primissimi piani dei volti dei personaggi (il cast è di primissimo livello), salvo occasionalmente concedersi sequenze più ariose, quelle dei ricordi e dei flashback, accompagnate da una colonna sonora non particolarmente raffinata (con brani come "Dragostea din tei", "Natural blues" e "I Miss You": ma sono pochi a saper mescolare bene musica e immagini come Dolan). È il secondo film del regista canadese a essere tratto da un lavoro teatrale, dopo "Tom à la ferme", con il quale infatti ha più punti in comune. Poco amato dai critici a Cannes, dove peraltro ha vinto il Gran Premio della Giuria.
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