25 marzo 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot (G. Mainetti, 2015)

Lo chiamavano Jeeg Robot
di Gabriele Mainetti – Italia 2015
con Claudio Santamaria, Luca Marinelli
**1/2

Visto al cinema Plinius.

A causa di un tuffo fuori programma nel Tevere (sul fondo del quale si trovano fusti di scorie radioattive!), Enzo Ceccotti (Santamaria), delinquente di piccolo calibro, acquisisce incredibili poteri (piuttosto generici, a dire il vero: superforza, resistenza e guarigione rapida). Li usa per scassinare un bancomat e per rapinare un furgone portavalori, mettendo senza volerlo il bastone fra le ruote alla banda dello Zingaro (Luca Marinelli), che gli giura vendetta. Ma l'incontro con Alessia (Ilenia Pastorelli), figlia ritardata di un suo ex complice, lo spingerà sulla via del bene, facendolo diventare un eroe: la ragazza, infatti, è una fan della serie animata "Jeeg Robot d'Acciaio", e ne identifica in Enzo il protagonista. Dopo "Il ragazzo invisibile" di Salvatores, un altro tentativo di adattare il fortunato filone cinematografico dei supereroi a un setting italiano, in questo caso romano. Mainetti (all'esordio dopo alcuni corti, fra cui "Basette" e "Tiger Boy", che omaggiavano rispettivamente Lupin III e l'Uomo Tigre) pesca a piene mani dall'immaginario culturale di una generazione cresciuta con gli anime giapponesi e i fumetti della Marvel (per non parlare del titolo, che riecheggia Trinità), sforzandosi di rendere realistici i luoghi comuni del genere all'interno di un contesto nostrano, e guardando anche alla lezione di Luc Besson ("Leon", per ammissione stessa del regista, è stato il principale riferimento per la caratterizzazione dei personaggi). E a proposito di personaggi, tutti alquanto sociopatici, il punto di forza della pellicola – grazie anche a ottimi interpreti, Marinelli in particolare – è proprio la loro caratterizzazione, per quanto grezza e impostata su isolati dettagli: Enzo, solitario e introverso, che si nutre solo di crema alla vaniglia confezionata e guarda solo film porno; lo Zingaro, maniaco dell'igiene e amante della canzone popolare italiana degli anni '80 (Anna Oxa, Gianna Nannini, Loredana Berté); Alessia, una bambina in un corpo da adulta, sciroccata anche perché vittima di abusi da parte del padre fin da quando era piccola. Se alla resa dei conti il film non dice nulla di nuovo come messaggio (i temi sono quelli classici del supereroismo: con grandi poteri vengono anche grandi responsabilità), l'ambientazione ruspante a Tor Bella Monaca e nelle periferie romane ha il suo perché, così come i giochi di potere fra bande sullo sfondo di una città in pieno caos, sconvolta dagli attentati terroristici e dove la legge è impotente (e i social media, come YouTube, favoriscono la popolarità di buoni e cattivi). Pochi gli effetti speciali (persino le scene dello scontro finale allo stadio sono state girate al risparmio, e si nota), ma nel complesso l'operazione può dirsi riuscita: e chissà che, al di là degli evidenti rimandi nostalgici, non si apra una nuova strada per il cinema di genere italiano, quello che aveva fatto la fortuna della nostra industria cinematografica negli anni '60 e '70. Stefano Ambrogi è il padre di Alessia, Antonia Truppo la camorrista napoletana.

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