18 marzo 2016

I vinti (Michelangelo Antonioni, 1953)

I vinti
di Michelangelo Antonioni – Italia 1953
con Jean-Pierre Mocky, Franco Interlenghi, Peter Reynolds
***

Visto in DVD.

Film sulla delinquenza giovanile, diviso in tre episodi ambientati in tre diversi paesi (Francia, Italia, Inghilterra) e lì girati con attori del posto. La pellicola è ispirata a una serie di fatti di cronaca nera dell'immediato dopoguerra, cui si fa riferimento nella sequenza introduttiva che mostra fotografie e ritagli di giornale, alludendo a una "generazione bruciata" di giovani e adolescenti che, a differenza dei loro genitori e di chi aveva combattuto la guerra, volevano il successo "tutto e subito". Naturalmente ormai siamo abituati al fatto che ogni generazione si scontri con la precedente, la quale fa fatica a capirla (e il film, a tratti, riesce a essere equilibrato nel mostrare le ragioni di entrambi), ma l'introduzione è vagamente moralista e paternalista nel guardare a questa ribellione giovanile (forse una delle prime nella storia dell'Italia contemporanea) come a un'aberrazione. In ogni caso, l'intento programmatico è quello di non "abbellire" la realtà ma di mostrare le tragiche conseguenze delle scelte di vita che trasformano un giovane in un criminale e un assassino. Nell'episodio francese (con Jean-Pierre Mocky ed Etchika Choureau), durante una gita in campagna, un gruppo di studenti parigini progetta l'omicidio di un compagno per impossessarsi del suo denaro. Ma ignorano che il ragazzo fingeva solo di essere ricco e di fare la bella vita. A sparargli (e a pagarne il prezzo) sarà il più sensibile del gruppo. Nell'episodio italiano (con Franco Interlenghi e Anna Maria Ferrero), Claudio, il figlio di una coppia borghese, all'insaputa dei genitori è complice di una banda di contrabbandieri di sigarette. Una notte, per sfuggire a una retata della polizia, uccide un uomo che gli sbarrava la strada. Ferito a sua volta, il mattino dopo andrà a dire addio alla ragazza che ama. Nell'episodio inglese (con Peter Reynolds e Patrick Barr), un giovane poeta, misantropo e megalomane, trova il cadavere di una donna (Fay Compton) nel parco e, anziché chiamare la polizia, avvisa un giornalista per "vendergli" la notizia e assicurarsi la propria foto in prima pagina. Qualche giorno più tardi, in cerca di ulteriore fama, confesserà di aver commesso lui stesso il delitto. Sarà vero?

Ben diversi fra loro per atmosfera e personaggi, i tre episodi sono tutti assai riusciti nella caratterizzazione dei vari protagonisti, alla ricerca di una via di fuga da un mondo (quello costruito e regolamentato per loro dai genitori o dagli adulti) che trovano stretto o scomodo. Per questo prendono il destino nelle proprie mani e sono disposti a commettere anche un omicidio (spesso senza pentimenti o rimorsi, mettendo in scena una sorta di "banalità del male") per raggiungere l'indipendenza, la libertà e l'autodeterminazione: c'è chi lo fa solo con l'immaginazione (come Pierre, la vittima dell'episodio francese, che racconta agli amici di condurre una vita avventurosa), chi con il crimine (Claudio, nell'episodio italiano), chi con l'azzardo (Aubrey, il poeta dell'episodio inglese, che scommette sulle corse dei cani e per il quale anche il "delitto perfetto" è soltanto un gioco, una scommessa fra sé e la polizia). Per fuggire, però, "ci vogliono denari... tanti e subito. Perché questa vita io la voglio vivere da giovane, a vent'anni, e non quando sarò vecchio" (come spiega Claudio). Da notare come l'episodio inglese sembri prefigurare temi e situazioni del futuro "Blow Up": abbiamo un omicidio in un parco, una riflessione sulla relatività della verità (anche se Aubrey confessa il delitto, non sapremo mai con certezza se è colpevole o meno), e persino una partita a tennis (nell'inquadratura finale). Produttori e censori si scagliarono contro il film, che venne tagliato, rimaneggiato e osteggiato in ogni maniera. All'episodio francese (che oltralpe rimase proibito per dieci anni) fu imposto un finale "positivo", da quello italiano vennero eliminati i riferimenti politici (il che lo derubrica a un banale fatto di cronaca, e ne fa il segmento più debole della pellicola), e anche quello inglese – riproposto poi nel 1962, con il titolo "Il delitto", in un altro film a episodi, "Il fiore e la violenza" – non ottenne mai il visto della censura nel Regno Unito.

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