Viale del tramonto (Billy Wilder, 1950)
Viale del tramonto (Sunset Boulevard)
di Billy Wilder – USA 1950
con William Holden, Gloria Swanson
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Rivisto in DVD, con Paola, Marta, Esther, Beatrice, Giovanni, Rachele e Sabrina.
Joe Gillis (Holden), sceneggiatore cinematografico in bolletta, capita per caso nella lussuosa ma fatiscente villa di Norma Desmond (Swanson), nel Sunset Boulevard di Hollywood. Un tempo celebre diva del muto, Norma vive ora come una reclusa in un ambiente funereo e decadente, in compagnia del fedele maggiordomo Max, immersa nei ricordi del passato ("Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo!") e nei sogni di tornare a essere di nuovo una star del grande schermo. La donna (alla quale Max manda finte lettere di ammiratori per sostenere le sue illusioni di non essere stata dimenticata) assume Gillis per aiutarla a redigere il copione di quello che dovrebbe essere il suo ritorno sulle scene: un'ambiziosa e colossale "Salomè" da far dirigere al grande regista Cecil B. De Mille. Il disperato bisogno di denaro porta l'uomo ad accettare di trasferirsi nella villa, dove diviene il mantenuto e poi l'amante della stagionata diva. Ma il crollo delle illusioni sarà fatale ad entrambi. Dal folgorante incipit (con la voce narrante fuori campo che si rivelerà essere quella di un morto) all'esposizione dell'intera vicenda in flashback, dalle affascinanti e tetre scenografie della villa di Norma (che sembrano uscite da "Dracula") al cinico ritratto dello star system e di una Hollywood che procede a passo spedito, dimenticando le proprie fondamenta (da brividi la scena della partita a bridge, fra i cui giocatori si riconoscono celebri star del muto come Buster Keaton), dalla regia di un Billy Wilder a suo agio anche nel noir (come d'altronde aveva già dimostrato con "La fiamma del peccato"), peraltro contaminato da tocchi di horror e di commedia, alla fotografia impietosa di John F. Seitz, dalla sceneggiatura (dello stesso Wilder con Charles Brackett – fu la loro ultima collaborazione – e D. M. Marshman, Jr.) alle musiche di Franz Waxman, tutto concorre a rendere questo film uno dei capolavori (autoreferenziali o meno) della settima arte.
Dramma della follia, della vecchiaia e delle illusioni di grandezza, ma anche e soprattutto un potente e crudele omaggio al cinema stesso: non (solo) alla sua capacità di far sognare (si pensi alla giovane Betty, ma anche allo stesso Gillis, che si tuffano con entusiasmo e ingenuità nel tentativo di intraprendere una carriera dorata nella "fabbrica dei sogni") ma anche a quello di fissare e "imbalsamare" su pellicola le esistenze di attori e persone che invece, nel mondo reale, sono destinati a invecchiare e a svanire per sempre (la scena in cui Norma riguarda i suoi vecchi film, girati quando era ancora giovane, fa sorgere alla mente un inevitabile parallelo con "Il ritratto di Dorian Gray"). Gloria Swanson era stata un'autentica attrice del muto (gli spezzoni che vengono proiettati, così come le sue foto da giovane, appartengono davvero a quell'epoca), diretta in un occasione proprio da quell'Erich von Stroheim che qui dà vita all'inquietante figura del maggiordomo Max (suo "scopritore", regista e primo marito, che ha scelto di restare per tutta la vita al suo fianco come servitore). Nei panni di sé stessi compaiono anche la giornalista scandalistica Hedda Hopper ma soprattutto De Mille, all'epoca il regista più influente di Hollywood, ritratto mentre è impegnato a dirigere l'ennesimo kolossal biblico negli studi della Paramount ed evocato pure nella battuta conclusiva ("Mr. De Mille, sono pronta per il mio primo piano!"). La scelta dei due attori protagonisti non fu facile: per il ruolo di Norma Desmond (il personaggio, anche nel nome, è ispirato a Mabel Normand), i produttori pensarono a Mae West, Mary Pickford, Norma Shearer e Pola Negri; per quello di Gillis furono considerati Montgomery Clift (che rifiutò per timore di essere bollato come gerontofilo, anche se all'epoca frequentava proprio una donna più vecchia di lui), Fred MacMurray, Marlon Brando e Gene Kelly, prima di ripiegare su Holden (che con Wilder lavorerà poi in altre tre occasioni). Il film fu candidato a 11 premi Oscar, vincendo quelli per la sceneggiatura, la scenografia e la colonna sonora.
2 commenti:
Uno dei grandi Capolavori del Cinema e di Wilder, anche se continuerò a preferire Giorni perduti.
Di capolavori Wilder ne ha fatti davvero tanti! A parte le commedie (con cui sfondiamo davvero una porta aperta), basti pensare ad altri noir come "La fiamma del peccato" e "Testimone d'accusa". Personalmente "Giorni perduti" non è fra i miei preferiti, ma dovrei rivederlo...
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