24 dicembre 2014

Il miracolo della 34ª strada (G. Seaton, 1947)

Il miracolo della 34ª strada (Miracle on 34th Street)
di George Seaton – USA 1947
con Maureen O'Hara, Edmund Gwenn
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Rivisto in divx.

In vista delle festività natalizie, Doris Walker (Maureen O'Hara), addetta alle pubbliche relazioni di un grande magazzino di New York, assume come Babbo Natale un arzillo vecchietto (Edmund Gwenn) che afferma di chiamarsi Kris Kringle e di essere l'unico, autentico, Santa Claus. Il suo bizzarro modo di interpretare il proprio lavoro (suggerendo ai clienti dove possono trovare i giocattoli che il negozio non ha a disposizione, ovvero rivolgendosi alla concorrenza) fa sensazione presso l'opinione pubblica e rende estremamente popolare il grande magazzino, tanto che l'iniziativa contagia presto altri negozianti, in una corsa (non del tutto disinteressata, sia chiaro) alla bontà e all'altruismo. Ma quando uno psichiatra lo denuncia, la sua sanità mentale diventa oggetto di un processo in tribunale. L'uomo sarà difeso da un giovane avvocato (John Payne) che intende far riconoscere ufficialmente con una sentenza l'esistenza di Babbo Natale. Uno dei primi e più celebri film "natalizi" hollywoodiani, rifatto più volte in seguito (in particolare nel 1994, con Richard Attenbourogh nei panni di Kris Kringle), è una commedia che ha fra i suoi molti pregi quello dell'ambiguità: la pellicola funziona ed è godibile allo stesso modo se si crede che Kris sia davvero Babbo Natale o, viceversa, se si interpreta la sua storia come quella di un folle vaneggiamento. Il "miracolo" del titolo, infatti, si riferisce allo spirito natalizio, all'altruismo e alla generosità che finiscono col permeare tutti i personaggi, dai proprietari dei grandi magazzini fino alla divorziata Doris, inizialmente scettica e contraria a tutto ciò che non è "realistico", al punto da rifiutarsi di leggere fiabe alla propria figlia (una giovanissima Natalie Wood): "altrimenti perderà il senso della realtà e aspetterà che un giorno si presenti il principe azzurro", afferma, dimostrando che il suo atteggiamento è frutto delle proprie delusioni sentimentali. La presenza di Kringle riporterà anche lei a sognare e a "credere, anche quando il buon senso afferma il contrario": ma il film non è mai retorico, lascia che ognuno si faccia la propria idea sulla reale natura di Babbo Natale, e fra le altre cose fa anche riflettere sul rapporto fra la festività e il consumismo, il commercio e la pubblicità, la giustizia e la politica (impagabili i personaggi del giudice, in estremo imbarazzo nel doversi esporre dichiarando davanti all'opinione pubblica che per la legge Babbo Natale non esiste; o del procuratore distrettuale, messo in difficoltà dal suo stesso figlioletto durante l'udienza). L'intera sequenza in tribunale richiama alcune celebri sequenze del fumetto americano, come quelle del processo a Poopdeck Pappy (il padre di Braccio di Ferro) o a Eta Beta, in cui le istituzioni tentano in qualche modo di mettere "fuori gioco" personaggi fuori dagli schemi e dalle regole, naturalmente finendo con il riconoscere che non sempre follia e sanità mentale sono facilmente delimitabili. In questo caso, al termine del film, l'identità di Kris Kringle come Babbo Natale sarà paradossalmente "provata" dal fatto che le Poste americane, diretta emanazione del governo degli Stati Uniti, lo riconoscono come tale perché consegnano a lui le missive che i bambini indirizzano a Santa Claus! Seaton, anche sceneggiatore, si ispirò a un racconto di Valentine Davies. Curiosamente, i produttori decisero di fare uscire il film a maggio (perché d'estate i cinema erano più affollati), addirittura celandone l'ambientazione natalizia nei trailer e nelle locandine. Nel cast anche Porter Hall (lo psichiatra) e Gene Lockhart (il giudice). Quattro premi Oscar, fra cui Gwenn come miglior attore non protagonista.

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