6 dicembre 2014

Il ritorno dello Jedi (Richard Marquand, 1983)

Star Wars Episodio VI: Il ritorno dello Jedi
(Star Wars Episode VI: The return of the Jedi)
di Richard Marquand – USA 1983
con Mark Hamill, Harrison Ford, Carrie Fisher
**1/2

Rivisto in DVD, con Sabrina.

L'impero galattico sta costruendo una seconda "Morte Nera", la stazione spaziale in grado di distruggere interi pianeti, ancora più potente della prima: potrebbe essere l'arma risolutiva nel conflitto contro l'alleanza ribelle. Dopo aver salvato l'amico Ian Solo (che al termine del film precedente era stato "congelato" in un blocco di grafite e consegnato dal cacciatore di taglia Boba Fett al suo creditore, il mostruoso Jabba the Hutt) e essersi brevemente recato su Dagobah per dare l'ultimo saluto al maestro Yoda (che in punto di morte gli rivela come anche la principessa Leila sia con lui imparentata: si tratta infatti di sua sorella gemella), Luke Skywalker – divenuto ormai un cavaliere Jedi ma ancora scosso per la rivelazione che il malvagio Dart Fener è in realtà suo padre – si riunisce ai compagni per sferrare l'attacco decisivo contro il nemico. Mentre Ian, Leila, Chewbacca e i due droidi – aiutati dagli Ewok, una razza di orsetti combattenti che popolano la luna boscosa di Endor – hanno il compito di disattivare gli scudi che proteggono la Morte Nera, e Lando Calrissian guida l'attacco dei ribelli contro la stazione spaziale, Luke si troverà a confrontarsi direttamente con l'Imperatore, che tenterà di portare anche lui – come suo padre – dal "lato oscuro della Forza". La trilogia "classica" di Guerre Stellari (composta dagli Episodi IV, V e VI) si conclude con lo scontro finale fra il bene e il male. L'ago nella bilancia nel confronto fra Luke e l'Imperatore, a sorpresa (ma non troppo), è Dart Fener, ossia Anakin Skywalker (è qui che viene rivelato per la prima volta il suo vero nome), che all'ultimo istante utile ritorna improvvisamente dalla parte del figlio, rinnegando così il suo tradimento. In un certo senso, il titolo della pellicola si riferisce proprio ad Anakin e non a Luke: è lui che "torna" ad essere uno Jedi. E la successiva trilogia dei "prequel" (Episodi I, II, III), che George Lucas realizzerà una ventina di anni più tardi, lo cementerà come il personaggio centrale, il vero protagonista della saga di "Star Wars", che racconta di fatto, come lo stesso Lucas l'ha denominata, la "tragedia di Anakin Skywalker" (almeno fino ad ora: quello che la Disney farà con i capitoli che usciranno dal 2015 in poi è ancora tutto da vedere).

Se le prime due pellicole avevano ricevuto un'accoglienza unanimamente positiva, il terzo film della serie ha sempre diviso fan e critici ed è stato spesso considerato come il più debole della trilogia. Da un lato l'epico confronto finale fra Luke, Fener e l'Imperatore rappresenta di certo uno dei momenti chiave della saga; dall'altro è però indubbio che molto di ciò che lo precede, soprattutto a livello di sceneggiatura, è discutibile o manca di quel pathos e di quell'atmosfera che rendevano così speciali e "reali" le ambientazioni fantascientifiche e i rapporti fra i personaggi. Incentrare gran parte della trama sulla costruzione di una seconda Morte Nera (con tanto di attacco delle navi ribelli al suo punto critico), per cominciare, non fa altro che riproporre situazioni già viste nel primo film, mentre la trovata di rendere Leila la sorella di Luke non sembra servire alcuna reale necessità narrativa (se non quella, puramente extrafilmica, di dare il "via libera" alla sua love story con Ian Solo), visto che non sfocia in alcuno sviluppo concreto e, anzi, complica inutilmente l'albero genealogico degli Skywalker (in "Episodio III" bisognerà fare i salti mortali per spiegare come mai Fener ignorasse l'esistenza di una seconda figlia). Certo, si doveva giustificare in qualche modo la sibillina frase di Yoda nell'episodio precedente, quando rispondendo ad Obi-Wan ("Il ragazzo è la nostra ultima speranza") diceva "No, ce n'è un'altra": ma siamo sicuri che non ci fosse altro modo? Ulteriori lamentele sono dovute all'eccessivo spazio riservato agli Ewok, piccole e buffe creaturine che sembrano fatte apposta per catturare l'attenzione dei più piccoli. La serie di "Star Wars", è vero, ha sempre goduto di un certo appeal presso i bambini: ma i fan della prima ora erano ormai cresciuti, mentre i toni sembrano invece a tratti essere regrediti rispetto alle prime due pellicole. Lo stesso si può dire per la lunga sequenza iniziale ambientata nella fortezza di Jabba, che è tutto un proliferare di pupazzi, mostriciattoli e muppet di varia natura, molti dei quali dall'aria più ridicola che minacciosa (non a caso, la sequenza è oggi ricordata più per il costumino succinto di Leila in versione "schiava" che non per il senso di pericolo trasmesso dai suddetti mostri). E anche a livello di scenografie il film è meno ricco e aggiunge poco al vasto universo della saga (si torna su Tattoine e Dagobah, e si va sul satellite boscoso di Endor: le riprese furono effettuate nel parco nazionale di Redwood).

Molti di questi difetti sono dovuti ai mutamenti d'idee dello stesso Lucas nel periodo intercorso fra "L'impero colpisce ancora" (1980) e questo film. Problemi personali e famigliari, stanchezza e depressione lo portarono a voler concludere in fretta la saga e a fare un passo indietro rispetto alle atmosfere più cupe del capitolo precedente. Lo script (a un certo punto il titolo era "La vendetta dello Jedi", prima di essere cambiato perché "gli Jedi non si vendicano") attraversò diverse fasi di sviluppo, sin quando Lucas non impose al co-sceneggiatore Lawrence Kasdan il finale in cui Fener si redime completamente (nelle prime versioni si assisteva a uno scontro fra Fener e l'Imperatore, entrambi malvagi, per il possesso di Luke). Altri cambiamenti furono l'introduzione degli Ewok (in origine gli abitanti della luna erano i Wookie), il salvataggio di Ian (non avendo Harrison Ford sotto contratto, si pensava di farlo morire subito) e il ritorno su Dagobah (per consentire a Yoda di confermare a Luke che Fener era suo padre: "altrimenti i bambini avrebbero pensato che il cattivo mentiva"). Per la regia, dopo aver inutilmente contattato gli allora giovani talenti David Lynch e David Cronenberg (e chissà che film ne sarebbero venuti fuori!), Lucas scelse Richard Marquand, regista britannico allora reduce da "La cruna dell'ago" (1981) e che morirà pochi anni dopo, nel 1987, a soli 40 anni. La presenza sul set di Lucas (che comunque diresse la seconda unità) fu comunque costante, tanto che Marquand commentò così la propria esperienza con "Star Wars": "È come tentare di dirigere il Re Lear con Shakespeare nella stanza accanto!". La relativa inesperienza del regista con gli effetti speciali non gli impedì di realizzare comunque sequenze memorabili come quella del Sarlacc che fuoriesce dalla buca nel deserto (ispirata forse ai vermi di "Dune", che proprio David Lynch stava portando sullo schermo in quegli anni), la battaglia spaziale davanti alla Morte Nera, e soprattutto le scene di inseguimento con le moto volanti fra gli alberi della luna di Endor, girate con la Steadicam. Dal lato tecnico, è da segnalare che si tratta del primo film ad aver utilizzato la tecnologia audio THX. Cast e troupe sono in gran parte gli stessi dei capitoli precedenti: fra i nuovi ingressi spicca quello di Ian McDiarmid nei panni dell'Imperatore, mentre Sebastian Shaw dona le sue fattezze ad Anakin (nell'edizione modificata per l'uscita in dvd, però, il suo volto nella scena finale in cui appare a Luke come fantasma è stato sostituito con quello di Hayden Christensen, che interpreterà il personaggio da giovane nei prequel, provocando una certa confusione in chi oggi vede la serie per la prima volta in ordine di uscita).

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