The zero theorem (Terry Gilliam, 2013)
The zero theorem - Tutto è vanità (The zero theorem)
di Terry Gilliam – GB 2013
con Christoph Waltz, Mélanie Thierry
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Visto al cinema Arlecchino, in originale con sottotitoli
(rassegna di Venezia).
In un futuro dominato dalla pubblicità, dai computer e dalle videocamere, e dove tutto – dal lavoro al sesso – ha i connotati di un videogioco, l'asociale programmatore Qohen Leth (Christoph Waltz) si occupa di calcolare "entità" per divisione di ricerca ontologica della mega-corporazione Mancom. In seguito alle sue continue richieste di poter lavorare da casa, viene incaricato da Management, l'elusivo e cameleontico boss della società, di dimostrare il "teorema zero", un complesso calcolo sul destino finale dell'universo e sul significato stesso dell'esistenza umana. Terry Gilliam torna con successo alla fantascienza visionaria, distopica e sociale che gli è tanto cara ("Brazil", "L'esercito delle dodici scimmie") e sforna una pellicola intima, claustrofobica, dai toni psicologici e – soprattutto – filosofici. Al centro di tutto (è praticamente sempre in scena) c'è il personaggio di Qohen Leth con la sua personalità complessata e antisociale, emotivamente disturbato, che parla di sé stesso al plurale (come Gollum) ed è convinto che riceverà, prima o poi, una telefonata di origine divina che gli spiegherà il senso della sua vita. Per questo motivo non ama uscire di casa (abita in una chiesa sconsacrata e abbandonata, infestata da topi e colombe) e rifugge la compagnia degli altri esseri umani. A tirarlo fuori dal suo guscio proveranno, con esiti diversi, la prostituta Bainsley (Mélanie Thierry), che lo spinge a unirsi a lei in sedute di sesso virtuale, e il giovane hacker Bob (Lucas Hedges), figlio di Management, interessato affinché Qohen completi la dimostrazione del teorema zero. Secondo quest'ultimo, l'universo si concluderà come è iniziato, collassando nel nulla all'interno di un buco nero, e dunque non esiste né un aldilà né un significato ultimo: quale scenario migliore per una corporazione come la Mancom – il cui slogan è "Dare un senso alle cose belle" – per prosperare a colpi di consumismo e di edonismo virtuale? Ma a Qohen tutto questo non interessa, e l'uomo esegue i suoi estenuanti calcoli senza curarsi di quello che significano... almeno fino a quando la giovane Bainsley non lo porterà a mutare radicalmente le sue prospettive. Concepito già nel 2009 (il ruolo di protagonista avrebbe dovuto essere di Billy Bob Thornton), il film è stato rinviato in seguito alla morte del produttore Richard D. Zanuck, alla cui memoria è dedicato. Alla fine è stato girato a Bucarest, in Romania, con un budget relativamente basso e in un limitato periodo di tempo (almeno rispetto agli altri film del regista). Fra i molti rimandi kafkiani, da segnalare l'eterna attesa di Qohen per una telefonata che forse non arriverà mai, forse un rimando al racconto dello scrittore ceco "Davanti alla legge". Ma il vero punto di forza del film (oltre alla prova di Waltz) è la straordinaria capacità inventiva di Gilliam, capace di deformare in modo grottesco e visionario il presente, le sue tendenze e le sue ossessioni, per dare vita a un futuro che non è altro, in fondo, che una ironica parodia della nostra vita quotidiana. Nel cast anche David Thewlis (l'"amichevole" supervisore di Qohen), Matt Damon (il camaleontico Management, che si confonde con l'ambiente) e un'eccezionale e irriconoscibile Tilda Swinton (la psicanalista virtuale).
4 commenti:
quasi tutti ne parlano male, tu no, io ci andrò di sicuro, anche dove è meno brillante c'è sempre qualcosa che vale la pena, un profumo di genialità.
Sono d'accordo, Gilliam mi piace perché ci mette sempre tante idee, trovate, inventive, anche nelle piccole cose (vedrai quanti particolari interessanti!). Questo forse non è all'altezza dei suoi capolavori, ma mi è piaciuto assai più dell'ultimo "Parnassus", per esempio. È un "piccolo" film (come budget e lavorazione) che però parla di "grandi" cose.
Quanto alle critiche negative, a parte che in Italia la fantascienza visionaria è sempre stata vista male, questa rassegna piena di film mediocri che sono stati incensati da critici partigiani mi fa capire, una volta di più, quanto conti vedere e giudicare ogni film con i propri occhi.
Qoe let è l'Ecclesiaste, immagino... la Bibbia, vanità delle vanità, c'è un tempo per ogni cosa
:-)
da anni spero che Gilliam azzecchi il film, quando lo azzecca è una bella cosa
(avevo letto il film qui sopra pensando che fosse quello di Gilliam, non mi tornava niente, ho capito solo alla fine che non era Gilliam - vedi che scherzi che fa l'età...)
Esatto, l'Ecclesiaste è stato una delle fonti di ispirazione di Gilliam per il film! È un po' che non azzecca completamente una pellicola, ma stavolta secondo me ci è andato molto vicino. E poi c'è un grandissimo Christoph Waltz...
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