16 settembre 2011

This is not a film (J. Panahi, 2011)

This is not a film (In film nist)
di Mojtaba Mirtahmasb, Jafar Panahi – Iran 2011
con Jafar Panahi
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Visto al cinema Arcobaleno, in originale con sottotitoli (rassegna di Venezia).

Accusato di aver girato film che mettono in cattiva luce il regime iraniano, Jafar Panahi è stato condannato a sei anni di carcere e al divieto per vent'anni di dirigere altre pellicole, di scrivere sceneggiature, di rilasciare interviste e naturalmente di recarsi all'estero. Rinchiuso in casa nell'attesa di un processo d'appello che difficilmente annullerà la sentenza, il regista sperimenta un disperato bisogno di fare cinema, al punto da riprendersi con il proprio cellulare mentre innaffia i fiori, fa colazione o dà da mangiare all'iguana domestico della figlia. Dopo aver convocato l'amico e documentarista Mojtaba Mirtahmasb, gli chiede di filmarlo mentre legge e recita l'ultima sceneggiatura che aveva scritto prima della condanna, la storia di una ragazza che aspira ad andare all'università ma viene rinchiusa nella sua casa – proprio come lui – dai genitori tradizionalisti. Del nastro adesivo sul tappeto gli permette di "ricreare" gli ambienti nei quali si svolge la storia (come in "Dogville"), e il resto lo fa la narrazione e la descrizione delle inquadrature. Ma "questo non è un film"... L'insolita pellicola, durante la quale Panahi mostra sequenze di altri suoi celebri lavori ("Lo specchio", "Il cerchio", "Oro rosso") e descrive la difficile situazione degli artisti che vivono in Iran, si conclude con una lunga conversazione fra il regista e un giovane studente che lavora come custode nel condominio, mentre all'esterno gli abitanti di Teheran si apprestano a partecipare alla "festa del fuoco", una celebrazione spontanea e poco gradita al regime, con fuochi d'artificio che illuminano la notte (dopo che i primi botti, che si udivano dalle finestre aperte dell'appartamento, avevano fatto pensare a spari nelle strade). "Quando i parrucchieri non hanno niente da fare, si tagliano i capelli a vicenda", commenta il regista mentre lui e l'amico si riprendono l'un l'altro, uno con la telecamera e l'altro con il cellulare, in una sorta di campo/controcampo artigianale. La pellicola – un sincero e commovente "grido dal cuore" – è stata presentata alla mostra di Venezia dalla moglie e dalla figlia di Panahi (lui, ovviamente, non poteva essere presente), ed è stata fatta uscire clandestinamente dall'Iran tramite una chiavetta USB nascosta in una torta (!). Qualche similitudine, nei temi trattati, con "Arirang" di Kim Ki-duk, uscito lo stesso anno.

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