13 ottobre 2010

Miracolo a Sant'Anna (Spike Lee, 2008)

Miracolo a Sant'Anna (Miracle at St. Anna)
di Spike Lee – USA/Italia 2008
con Derek Luke, Michael Ealy
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Visto in DVD, con Martin.

Nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, quattro soldati di colore appartenenti alla 92a divisione "Buffalo" (un'unità formata da soli neri) rimangono isolati dietro le linee tedesche e si rifugiano in un paesino montuoso della Toscana, con l'incarico di fare prigioniero un soldato nemico. La loro storia si intreccia con quella della strage di Sant'Anna di Stazzema, il massacro in cui i nazisti uccisero oltre cinquecento civili – compresi donne, vecchi e bambini – accusati di collaborare con i partigiani. Non è certo un film perfetto, quello di Lee: troppo lungo e pasticciato, schematico nell'affrontare le questioni razziali e poco equilibrato nell'ondeggiare fra realismo bellico e favola metafisica, persino debitore di qualcosa al neorealismo italiano (il personaggio del bambino, unico sopravvissuto alla strage, sembra quasi uscire da un film di De Sica o – non so cosa è peggio – di Benigni). L'atmosfera non manca, la regia è più che buona e alcuni momenti sono interessanti (la suadente speaker nazista che cerca di seminare dubbi nei soldati afroamericani mentre questi attraversano il fiume; i sensi di colpa dei partigiani; la love story con la ragazza toscana, con una scena tanto assurda quanto intrigante di Valentina Cervi a seno scoperto mentre stende i panni), ma nel complesso i personaggi sono tagliati con l'accetta, gli stereotipi culturali abbondano e molti elementi sono accatastati senza fornire un vero valore aggiunto (il bambino che vede il fantasma del proprio amico ucciso; la testa della statua di marmo trafugata da uno dei soldati, che la considera un portafortuna; in generale il tema fantastico-religioso; per non parlare della "cornice" ambientata ai giorni nostri – in realtà negli anni ottanta – che appare posticcia e forzata). È evidente che a Lee, più che la strage (che infatti ha un peso marginale nella storia, a dispetto del titolo), interessa il ruolo dei soldati di colore durante la guerra: nonostante il razzismo cui erano soggetti (anche da parte del comandante bianco della divisione), il loro arruolamento in battaglioni regolari rappresentò per gli afroamericani un primo gradino per affrancarsi dalle discriminazioni dell'epoca. Si tratta di una tema ovviamente più congeniale al regista di quelli che può offrire un normale film bellico: prima della visione mi ero infatti chiesto perché mai si fosse impelagato a dirigere una pellicola di questo tipo. Fra gli attori italiani, tutti all'altezza, spiccano Pierfrancesco Favino, Sergio Albelli e Omero Antonutti, mentre Luigi Lo Cascio compare solo in due brevi sequenze (compreso il discutibile finale alle Bahamas) e di Valentina Cervi si è già detto. Assai stupide le polemiche sorte in Italia sulla mancanza di verosimiglianza storica, che ha portato all'inserimento di un disclaimer introduttivo per esplicitare l'ovvio (ossia che si tratta di un film di finzione e non di un documentario). A dare fastidio è stato il fatto che l'eccidio di Sant'Anna venga presentato come una rappresaglia e non un atto premeditato, la risposta tedesca a un attacco dei partigiani (secondo il criterio ordinato da Hitler: dieci civili uccisi per ogni soldato tedesco morto), come se questo rendesse il crimine dei nazisti meno grave o più giustificato. Ma forse non è piaciuto che Spike Lee abbia mostrato che esistevano anche tedeschi "buoni" e partigiani "cattivi" (uno dei quali è addirittura un traditore), il che accomuna il film – pretestuose accuse di revisionismo comprese – a "Black Book" di Verhoeven.

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