Inception (Christopher Nolan, 2010)
Inception (id.)
di Christopher Nolan – USA 2010
con Leonardo DiCaprio, Ken Watanabe
***
Visto al Medusa Multisala di Rozzano, con Martin, Eliana e Gabriele.
Il tormentato Dom Cobb (DiCaprio) lavora come spia industriale grazie a un fenomenale apparecchio che consente a lui e ai suoi complici di entrare nella mente delle persone mentre dormono, muovendosi in un "sogno condiviso" ed estraendo dal loro subconscio le informazioni desiderate. Ma il potente uomo d'affari Saito (Ken Watanabe) lo assume per portare a termine un incarico ben più difficile: effettuare un "innesto", ovvero impiantare un'idea nella testa di un suo concorrente, facendogli credere che sia invece sorta in modo spontaneo. La vittima designata è Robert Fischer (Cillian Murphy), erede di un potente impero finanziario, che Saito vuole spingere a dividere il gruppo dopo la morte del padre. Della squadra che parte per la missione, oltre a Cobb e allo stesso Saito, fanno parte la giovane Ariadne (Ellen Page) in qualità di architetto dei sogni (ovvero costruttrice di labirinti: nomen omen); Arthur (Joseph Gordon-Levitt), socio e collaboratore di Cobb; il falsario e imitatore Eames (Tom Hardy); e il chimico Yusuf (Dileep Rao). La missione è resa ancora più difficile, oltre che dalla sua complessità (tre livelli di sogni, ciascuno contenuto dentro un altro) e dalle bellicose difese del subconscio di Robert, anche dalle interferenze di Mal (Marion Cotillard), "ombra" della defunta moglie di Cobb e creata dai suoi sensi di colpa (un elemento, questo, che accomuna il personaggio a quello che lo stesso DiCaprio aveva interpretato in "Shutter Island" di Martin Scorsese).
Realizzato dopo una lunga gestazione (il progetto risaliva a dieci anni prima, e pare che sia stato ispirato al regista dalla lettura di alcuni racconti di J. L. Borges), il film è assai complesso e stratificato ma per fortuna non risulta mai confuso: la straordinaria abilità di narratore di Nolan fa sì che lo spettatore abbia sempre ben chiara la situazione, evitando l'impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di eccessivamente illogico o assurdo. Come ha scritto Iosif, "dei film che mostrano e abitano i sogni è forse il meno onirico": una volta accettate le regole del gioco (la cosiddetta sospensione dell'incredulità), la storia si muove su binari solidi e coerenti. Anche per questo motivo, e perché si tratta fondamentalmente di un thriller di spionaggio (seppure sui generis), è inutile fare paragoni con pellicole più visionarie o psicanalitiche come "Se mi lasci ti cancello", "L'arte del sogno", "Paprika" o "Surviving life", che trattano parimenti il tema del viaggio nei sogni o nel subconscio. Non per nulla qui è fondamentale il ruolo dell'architetto, che deve costruire un ambiente il più realistico possibile per ingannare la vittima e non fargli capire di trovarsi in un sogno. Proprio come deve essere un ottimo thriller, la pellicola cattura l'interesse dello spettatore dall'inizio alla fine senza concedere un attimo di tregua, anche se forse non emoziona fino in fondo: proprio l'eccessivo rigore della messa in scena e la solidità dell'impalcatura finiscono per limitare il coinvolgimento emotivo. Si ammira la maestria di Nolan nel gestire un soggetto intricato e ricco di "scatole cinesi", ma il film non ci dice veramente nulla di interessante sul tema dei ricordi o dei sogni.
Naturalmente è da sottolineare l'evidente parallelo fra il funzionamento del mondo dei sogni e il linguaggio del cinema: grazie al montaggio, infatti, anche in un film – proprio come in un sogno – i personaggi possono ritrovarsi di colpo in un ambiente diverso senza che venga mostrato come ci siano arrivati, oppure il tempo può scorrere in maniera alterata o non lineare. Anche per questo motivo è quasi inutile chiedersi se l'intera vicenda narrata in "Inception" sia soltanto un sogno del protagonista (come suggerirebbero alcuni dettagli) o no. In fondo quello che conta è il livello più "esterno" della narrazione: che questo sia un sogno o una sceneggiatura scritta da Nolan, per lo spettatore che differenza fa? Un particolare lascerebbe comunque pensare che alla fine Cobb si ritrovi effettivamente nella "realtà": riesce infatti a vedere finalmente in volto i propri figli, mentre è tipico dei sogni non riuscire mai a portare a termine un'azione anche molto semplice (e infatti, tutte le volte che i figli comparivano durante le sue missioni, il subconscio gli impediva di vederli in volto). Nel ricco cast ci sono parti anche per Pete Postlethwaite (il vecchio Fischer, padre di Robert); Michael Caine (il suocero e mentore di Cobb) e Tom Berenger (Peter Browning, il padrino di Robert e socio di suo padre). Curiosa la scelta di utilizzare la canzone "Non, je ne regrette rien" per il conto alla rovescia prima del risveglio, visto che la Cotillard aveva da poco interpretato proprio un biopic su Edith Piaf. Fra i mille spunti inseriti nel film (persino citazioni da Kubrick – la stanza con il letto del padre di Robert ricorda il finale di "2001" – e da Welles – la girandola in cassaforte è come la slitta di "Quarto potere"), non mancano le paradossali scale di Penrose rese celebri dai dipinti di M. C. Escher: a proposito, nel realizzare la colonna sonora il compositore Hans Zimmer si è sarebbe ispirato, per sua ammissione, proprio al libro di Douglas Hofstadter "Gödel, Escher, Bach".
26 commenti:
Sei il primo che, pur riconoscendone i pregi, non è stato travolto dall'entusiasmo.
Ne riconosco comunque la grandezza dal punto di vista tecnico e narrativo, ma a livello di emozioni non mi ha del tutto catturato. Lo stesso, devo dire, mi era capitato per i film precedenti di Nolan, compresi i due Batman. Finora quello che mi ha convinto di più dei suoi film è stato "The prestige".
In fondo capisco il tuo punto di vista, alla fine diventa molto una questione di sensibilità personale.
E' lo stesso motivo per cui in genere le pellicole orientali tendono a piacerti anche più dei loro meriti, almeno in generale (che in termini di stellette si traduce regolarmente in mezzo punto in più).
Personalmente invece trovo entusiasmante tutto il cinema di Nolan, con l'eccezione del solo Insomnia, ma per coprenderne il reale valore occorrerà qualche anno per vedere tutto in prospettiva.
Per questo film in particolare penso che, aspetto ludico a parte, abbia qualcosa da dire sia a livello emotivo (i tormenti del protagonista) che a livello di profondità di contenuti (il rapporto tra sogni e ricordi).
Ma in questo caso capisco che non necessariamente possano avere lo stesso impatto su tutti.
E' una recensione con cui mi trovo abbastanza d'accordo, anche se evito di aggiungere altro, perchè prima di parlare in maniera più "definitiva" riguardo questo film, vorrei vederlo almeno una seconda volta. E' un bellissimo film, ma vorrei capire se è la meraviglia della prima visione a farmi dire ciò, oppure vi è qualcosa di più profondo.
PS: Sull'uso del pezzo di Edith Piaf: ho pensato pure io al simpatico legame con la Cotillard ;)
Un saluto.
Martin:
Le stellette sono dovute esclusivamente alle sensazioni, non c'è un ragionamento dietro (anche per questo, qualche volta possono sembrare in contrasto con il resto della recensione). Se ti sembra che io dia voti più alti ai film orientali, è perché davvero mi piacciono di più. Questione di gusti e di sensibilità, sicuramente: allo stesso modo non sono in sintonia con il cinema americano degli ultimi vent'anni, che è per me una continua fonte di delusioni (con poche eccezioni: Scorsese, la Pixar, i primi due film di Tarantino, in parte anche Nolan).
Il cinema di Nolan infatti mi piace, ma lo trovo un po' troppo freddo e "distante" a livello di caratterizzazione dei personaggi. Le vicende di Cobb (compresi i suoi tormenti), in questo film, si seguono con un certo distacco, non con vera partecipazione. Allo stesso tempo, i rapporti fra i personaggi si mantengono sempre su un binario un po' troppo rigido, quasi professionale: non c'è paragone (visto che hai tirato in ballo i film orientali! ^^) con quelli fra i protagonisti di "The mission" o in generale dei film di Johnnie To, per esempio. L'unica relazione che durante il film evolve in qualche modo è quella fra Cobb e Saito, e infatti non a caso diventa un elemento fondamentale nel finale.
AlDirektor:
Hai ragione, è sicuramente un film che meriterebbe più visioni. Non escludo, quando lo rivedrò nei prossimi mesi (o anni), di cambiare il mio giudizio, anche se questo vale un po' per tutti i film. Comunque siamo d'accordo nel trovarlo una pellicola notevole, in ogni caso fra le migliori del 2010 (forse la migliore, insieme a quelle di Scorsese e Polanski).
Quando a Edith Piaf, ho letto che l'inserimento di quella canzone era previsto sin nelle prime versioni della sceneggiatura. Dopo aver scelto la Cotillard, però, Nolan aveva quasi pensato di sostituirla con un altro brano, e sarebbe stato Hans Zimmer a convincerlo a non farlo.
sono d'accordo che inception sia fondamentalmente un thriller, e mi sembra anche che la struttura narrativa sia molto meno complessa di quanto si dica in genere. c'è chi ha fatto schemi e diagrammi, quando sostanzialmente si tratta di un montaggio parallelo di tre lunghezze temporali differenti, di cui una si risolve nel ralenti di una sola sequenza. ad ogni modo, anche dal punto di vista del thriller, che è il suo specifico, ho trovato buone alcune scene, molto più abbozzate altre.
Infatti era proprio quello che intendevo, so bene che i tuoi sono giudizi molto "istintivi". In entrambi i casi gioca la sintonia o meno con un certo cinema.
Su Nolan entrambi continuiamo a ritenerlo una delle pochissime note positive del panorama americano recente, anche se nel mio caso l'entusiasmo è decisamente maggiore. Come dicevo prima il vero banco di prova è il tempo, l'effetto che ci farà tra quindici/venti anni.
To invece è per me ancora un mistero da decifrare visto che ai tempi The Mission non mi aveva impressionato.
Ma erano tempi in cui non conoscevo ancora Tsai e Miike.
Che sia venuto il momento di una nostra mini-retrospettiva?
Bè, l'emotività che un film trasmette può essere molto soggettiva. Io l'ho trovato emozionante nel rapporto con l'ombra della moglie defunta e con l'evolversi del rapporto tra Kaito e Cobb. A parte questo l'ho trovato emozionante anche a livello "adrenalinico" (anche quelle le reputo emozioni, il fomento per esempio). Poi non mi sembra che la questione dei sogni sia superficiale, anzi, c'è tutta un'impalcatura di sottotesti (neanche troppo "sotto") che trasmettono l'associazione sogno-cinema, sogno-ricordo, ecc...
Scusami, ero io prima...
Ale55andra
Iosif:
Io dal punto di vista tecnico sono pienamente soddisfatto. Ce ne fossero di thriller d'azione così! ^^
Martin:
Secondo me Nolan e To hanno parecchie cose in comune, a partire anche dal "look" di molti loro film. Il manifesto di "Inception" sembra quasi un fotogramma di un film di To! ^^
Ale55andra:
Anche per me, come ho già detto, l'evoluzione del rapporto con Saito è una delle cose più interessanti del film (peccato che per altri personaggi, come Eames o Arthur, non ci sia un'identica evoluzione). Quanto alla questione dei sogni, non direi che è trattata in maniera superficiale: ma è evidente che a Nolan interessano poco le complessità visionarie e oniriche del subconscio e che preferisce concentrarsi sui temi della memoria e della colpa, temi cioè più legati alla "realtà".
Purtroppo ancora non l'ho visto e mi riprometto di farlo quanto prima.
complimenti per la bella recensione ed il bel blog.
Anche se un po' off topic, ti segnalo che il tuo blog è entrato nella TOP20 di ottobre dei migliori blog di cinema stilata da wikio.it
Qui per la recensione in anteprima
http://cinemarecensionilab.blogspot.com/2010/10/top-blog-cinema-ottobre-2010-la.html
Fabrizio
laboratorio di cinema
Ciao e grazie per l'informazione. Più tardi passerò con calma a dare un occhiata anche al tuo blog!
Non so come funzioni o su cosa si basi la classifica di Wikio, ma naturalmente mi fa piacere essere così in alto (non durerà per molto... ^^).
Credo di portare una nota dissonante nel coro degli entusiasmi.
Sarà forse dovuto al salto generazionale, ma insieme alla innegabile maestria tecnica e alla bravura di attori dal consumato professionismo, da un film importante mi aspetto anche una presa di posizione. Godard diceva che “ogni movimento di macchina deve essere una presa di posizione morale, cioè forma e sostanza devono corrispondere” e Bergman, cui era stato chiesto un parere su questa affermazione rispondeva: ”Mi sembra maledettamente giusta! Potrei benissimo dire lo stesso”
Mi sento quindi in buona compagnia nel rilevare quello che mi ha disturbato.
Che si possano manipolare i sogni così come si manipolano i desideri attraverso le pubblicità ai fini di marketing, mi sembra una idea ripugnante e pericolosa. Pericolosa perché vedo assottigliarsi sempre più il margine di libertà individuale, che fino ad ora resisteva almeno nelle intime profondità del proprio inconscio e nei sogni.
Siamo ben lontani dalla magia, dalla bellezza e dalla serietà con cui Bergman, Tarkovskij, Fellini, Weir trattavano i sogni, veri sogni e non “innesti” ai fini di un vantaggio commerciale.
La logica dell'onnipotenza e della manipolazione si è purtroppo impossessata di ogni settore della nostra “cultura”, tanto da non meravigliarcene più.
È una riflessione interessante. In effetti i protagonisti di questo film non possono certo essere considerati dei "buoni", e forse anche per questo motivo durante la visione del film non c'è quel coinvolgimento e quella partecipazione alle loro vicende di cui anch'io lamento la mancanza. Portano a termine l'incarico che gli è stato affidato, ma mai per un attimo durante il film si interrogano se quello che stanno facendo sia giusto o sbagliato, se Saito non sia il "cattivo" e Robert la vittima che viene manipolata e defraudata della sua eredità. Devo dire che un po' dà fastidio anche a me questo relativismo del bene e del male, così tipico del cinema moderno e post-moderno (è la cosa che mi è piaciuta di meno, per esempio, in "Bastardi senza gloria"). Se poi si applica non solo nel mondo "reale" ma anche in quello dei sogni e dell'inconscio, così caro ad autori come quelli che hai citato (Tarkovskij, Bergman), forse è anche peggio. Ma è tipico della cultura americana confondere il mondo reale con quello immaginario, a tutto discapito di quest'ultimo (vedi Disneyland, i super eroi, ecc.).
In realtà il protagonista è una specie di antieroe, che fa cose sbagliate ma sono solo gli eventi che l'hanno costretto a fare la vita che fa.
Accusato ingiustamente di un'omicidio, e in fuga perenne, riesce a sopravvivere solo grazie alla propria abilità di "ladro" che gli garantisce i mezzi per evitare la cattura.
L'ultima missione poi viene intrapresa solo per poter riabbracciare i propri figli.
E per farlo deve appoggiarsi a professionisti del crimine che agiscono, loro sì, solo per denaro e che non hanno scrupoli in quello che fanno (in genere questi si chiamano cattivi).
Il protagonista invece non ha dubbi su ciò che fa perchè reso disperato dal distacco dalla sua famiglia, e questo viene reso in maniera abbastanza chiara.
In questo senso non capisco dove sia l'ambiguità morale.
Diverso è il discorso di Marisa che stigmatizza l'assenza di presa posizione del regista contro l'idea stessa della manipolazione dei sogni.
Anche se in questo caso secondo me il sogno viene usato da Nolan solo come metafora del cinema o in genere della "finzione".
Ogni sogno è costruito e impersonato da figure "cinematografiche" (sceneggiatori, scenografi, registi) e lo scopo è proprio quello di manipolare in qualche modo l'immaginario dello spettatore/vittima.
Il sogno come manifestazione della psiche a Nolan interessa piuttosto relativamente, forse solo come espediente per mostrrci i tormenti del potagonista, e infatti di "onirico" nel film c'è molto poco.
Penso che su questo equivoco si siano contruite alcune incomprensioni tra gli estimatori e i detrattori del film.
Il parallelo fra gli architetti dei sogni e i filmmaker è evidente, fra l'altro rispecchia quello che Nolan stesso aveva azzardato in "The prestige" (con i prestigiatori che "ingannano" il loro pubblico, facendo credere loro una cosa e distogliendo l'attenzione dal trucco). In un certo senso, dunque, noi spettatori dovremmo identificarci non tanto in Cobb quanto in Robert (Cillian Murphy), "vittima" di questi manipolatori! Però l'arte non deve a tutti i costi ingannare chi ne fruisce: altrimenti non c'è differenza con quello che fanno i pubblicitari o i responsabili marketing, che impongono al pubblico un desiderio fasullo pur di ottenere un tornaconto, e credo che sia questo che ha disturbato Marisa.
Che il fine giustifichi i mezzi, di machiavellica memoria è una filosofia di vita che non mi piace, ma non è questo il punto. Che Cobb sia un "antieroe che fa cose sbagliate perchè gli eventi lo hanno costretto a fare la vita che fa" in un film ci può stare, basta avere "consapevolezza" di come siamo portati ad identificarci dando per scontato che sia l'unica possibilità e non una "scelta che responsabilizza".
Tra l'altro la parte del film che mi è piaciuta di più riguarda proprio la tormentata relazione con la moglie e il tentativo ormai inutile e tardivo, dopo essere stato complice di una simbiosi in cui la persona più fragile della coppia e quindi la moglie rimane intrappolata, di riportarla alla realtà.
Per me conta se tutto il film è un sogno oppure no...
per me il film è tutto un sogno, quindi è un film che non rivedrò più.....
preferisco vedere altro.....
Ciao!
ps ma molti film quindi li vedi nelle varie mostre cinematografiche?
Molti proprio non li ho visti.....
Se proprio tutto il film, dalla prima all'ultima inquadratura (nessuna esclusa), fosse un sogno, allora secondo me la questione perderebbe significato. Mancherebbe infatti un "livello più esterno", quello della realtà in cui vive davvero DiCaprio, con il quale mettere in relazione il sogno. Di tutti i livelli, infatti, quello che per noi spettatori è la "realtà filmica" è per forza il più "esterno" che ci viene mostrato. A quel punto tanto vale dire che tutto il film è un sogno dello sceneggiatore (cioè di Nolan): ma questo, oltre a valere per qualsiasi film, è un discorso meta-narrativo che lascia il tempo che trova...
Riguardo alla tua domanda: Sì, cerco sempre di approfittare delle rassegne come quelle che, qui a Milano, propongono una selezione di film dai festival più importanti poco dopo la loro conclusione. Non è soltanto un ottimo modo per vedere in anteprima (e in lingua originale!) parecchie pellicole, ma consente anche di vederne alcune che magari non verranno mai distribuite in sala!
A me il dubbio che tutto il film (o quasi) sia un sogno è quando Cobb fa le condoglianze a Fischer in aereo.....scena alquanto strana.....
concordo con un tuo commento; anche a me il preferito di Nolan rimane "The Prestige". Comunque non sono l'unico che la pensa così riguardo a Inception, pensavo di essere in minoranza invece mi sembra ci sia un 50-50...
Ciao!
Scusa, ma ho estratto una frase dal tuo post, per la quale sembrava che anche tu avessi fatto pace col cinema. "Il parallelo tra mondo dei sogni e linguaggio del cinema" è la solita astrazione selettiva, pienamente condivisibile ma parziale.
Spero di rivedere il film al più presto, tenendo conto delle tue considerazioni.
Giampaolo:
Credo che Cobb faccia le condoglianze a Fischer per "farsi notare": in questo modo, quando gli compare poi in sogno, Fischer penserà di aver utilizzato nel suo sogno il volto di una persona appena conosciuta. In caso contrario, invece, si sarebbe insospettito di vedere nella "realtà" uno sconosciuto che gli era già apaprso in sogno (vedi infatti che ci pensa all'aeroporto quando, dopo l'arrivo, rivede DiCaprio).
Gegio:
Infatti, il parallelo fra sogni e film è un tema usato e abusato sin da quando è nato il cinema (e parlo di diciannovesimo secolo!). Non è certo da questo punto di vista che "Inception" brilla per originalità.
Beh, forse lo sforzo immaginifico che richiedevano i primi film è molto superiore al nostro, ma Inception riesce a rinnovare, a riconcepire qualcosa che si era quindi perso, qualcosa che finora nessuno ha preso in mano, come appunto i sogni.
Però i sogni in "Inception" sono un po' troppo "normalizzati" (tanto che c'è un architetto che li progetta per evitare che siano troppo... fantasiosi). Sembrano più una realtà virtuale (alla "Matrix") o uno scenario di un videogioco, piuttosto che una vera esperienza onirica con i suoi archetipi collettivi, simboli psicanalitici e rapporti surreali di causa ed effetto.
Aggiornamento Oscar: "Inception" ha vinto quattro premi, ma tutti minori e in categorie tecniche (fra cui effetti speciali e fotografia). Giusto così. Forse avrebbe meritato quello per il montaggio, ma non era nemmeno in nomination.
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