Address unknown (Kim Ki-duk, 2001)
Address unknown (Suchwiin bulmyeong)
di Kim Ki-duk – Corea del Sud 2001
con Yang Dong-kun, Ban Min-jung
***
Rivisto in DVD, in originale con sottotitoli.
Film duro e fra i migliori di Kim Ki-duk, racconta i traumi di una nazione attraverso le vicende di alcuni personaggi che abitano nei pressi di una base militare americana in Corea del Sud. Siamo in "un autunno degli anni settanta": la guerra con il Nord è terminata da anni ma continua a vivere nei ricordi di coloro che l'hanno combattuta, influenza le esistenze di chi è nato in seguito ed è perennemente rievocata proprio dalla presenza dei soldati americani, impegnati in continue esercitazioni di cui pochi percepiscono la vacua inutilità. Il giovane e robusto Chang-guk, figlio illegittimo di un soldato afroamericano e di una prostituta, non ha mai conosciuto il padre (da tempo ritornato nel proprio paese), lavora come assistente di un "macellaio di cani" (che acquista gli animali per poi ucciderli a bastonate e venderne la carne ai ristoranti) e abita in un vecchio autobus con la madre, la quale insiste nel continuare a scrivere al "marito" e si vede tornare indietro tutte le missive con l'indicazione "indirizzo sconosciuto". L'introversa studentessa Eun-ok, figlia di un soldato scomparso durante la guerra, è rimasta accecata a un occhio da bambina a causa del fratello e ha come unico compagno il suo cagnolino, al quale concede tutta sé stessa. Il timido e gentile Ji-hum lavora come assistente di un ritrattista, è innamorato a distanza di Eun-ok e ha un difficile rapporto con un padre che si vanta delle imprese compiute in battaglia, sognando una medaglia che gli è sempre stata negata. Come capita spesso nei film di Kim, i protagonisti sono vittime di disagi fisici e psicologici, di ferite interne ed esteriori, che trovano nella follia (Chang-guk), nella rassegnazione (Eun-ok) o nella vendetta (Ji-hum) la forza per ribellarsi al mondo violento che li circonda. "Sono come quelle lettere che non hanno trovato il loro destinatario", ha commentato il regista. "Chang-guk ha subito una violenza totale, Eun-ok ne ha subita una a metà e Ji-hum sarà capace di riprendersi, come un'erba cattiva". Anche i personaggi di contorno (il macellaio di cani, i due bulli che tormentano Ji-hum e violentano Eun-ok, il soldato americano alla ricerca di qualcosa – le droghe, l'amore di Eun-ok – che lo aiuti a superare l'alienazione e la nostalgia di casa) contribuiscono alla descrizione di un mondo disperato e pessimista, rendendo il film paragonabile per certi versi al capolavoro di Kim, "L'isola". In un panorama di desolazione e crudeltà (la natura perennemente spoglia, le violenze sui cani) fanno occasionalmente la loro comparsa squarci di dolce ironia (i protagonisti, come per solidarietà, sfoggiano a un certo punto tutti e tre una benda sull'occhio destro), di poesia surreale (il ritaglio sull'occhio di Eun-ok, che prefigura la "maschera" di "Time") e di umorismo grottesco (Chang-guk infilato a testa in giù nel terreno ricoperto da una nevicata). Non mancano naturalmente metafore sociali e politiche: Eun-ok, che può guarire dalla sua parziale cecità attraverso un'operazione nell'ospedale militare americano (in cambio della quale dovrà concedersi al giovane soldato), è forse un simbolo della Corea, dimezzata, che spera nell'aiuto degli Stati Uniti (ma cosa dovrà dare in cambio?) per tornare in possesso della sua "altra metà".
6 commenti:
Ciao Christian, visto il tuo impegno nello scrivere in questo blog, mi sono permesso di nominarti sul mio blog ;)
Un saluto.
Ripensando a questo film (che ho visto qualche anno fa e che dovrei rivedere) mi è tornata alla mente la nostra piccola "polemica" (virgolette d'obbligo!!!)
:-)
su "L'arco". Per me questi primi film di Kim sono davvero duri da vedere: ne capisco e ne riconosco il valore, anche in senso di realismo (purtroppo sono cose vere, di cronaca) ma io trovo che la sua svolta recente sia molto più interessante, perché usando il pensiero simbolico Kim va più in profondità. (I temi sono gli stessi, se ci fai caso)
La mia obiezione di fondo è questa: che la realtà è già troppo dura di suo, mi basta il telegiornale...(non è soltanto una battuta!).
Però il pensiero simbolico e la mitologia, di questi tempi, non vanno certo per la maggiore...
(poi un giorno di questi mi spieghi il film di Miike che hanno trasmesso l'altra notte, penso Goku: cosa c'è dietro, un manga?)
Questo lo devo vedere. Grazie per le ottime segnalazioni che sempre fai.
AlDirektor: Grazie! E scusami anche tu se non porto avanti la catena... ^^
Roberto: Prego! Anch'io prendo spunto e stimoli dal tuo e da altri blog per andare a scoprire o a riscoprire film interessanti. Forse la maggiore utilità dei cineblog è proprio questa...
Giuliano: Sicuramente è anche una questione di gusti...! Il mio problema con i film recenti di Kim, oltre al sospetto che siano in gran parte realizzati pensando al pubblico occidentale dei festival (un'impressione che ho da "Primavera, estate, autunno, inverno" in poi), è che li trovo anche un po' troppo leggerini... Sembra quasi che Kim li abbia sceneggiati in pochi minuti e girati in un paio di giorni (e magari è davvero così). Comunque ho intenzione di rivederli per cercare di rivalutarli, anche perché magari la prima volta li ho visti non troppo ben disposto.
Il film di Miike che citi penso sia "Gozu": è un esempio del suo lato più grottesco e folle, e curiosamente è proprio ricco di quei simboli e di quella mitologia di cui lamenti la sempre minor frequentazione. Non credo sia tratto da un manga: sulla Wikipedia inglese si dice che molte scene sono state improvvisate, creando un "flusso di coscienza" che – se vuoi - è un po' il corrispettivo nipponico di certi film di David Lynch, come "Inland Empire". Sempre sulla pagina di Wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Gozu) si citano un po' dei temi e dei simboli del film.
Mi ha fatto pensare ai fumetti l'uomo con la faccia dipinta a metà, ma io non leggo manga e anime e non ho i riferimenti giusti.
Aspetto la tua recensione, comunque il minotauro era un bel colpo, e anche l'evocazione dello spettro che non c'è.
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