28 luglio 2010

Vivere (Akira Kurosawa, 1952)

Vivere (Ikiru)
di Akira Kurosawa – Giappone 1952
con Takashi Shimura, Miki Odagiri
***1/2

Rivisto in DVD, in originale con sottotitoli.

Probabilmente il capolavoro della produzione umanista e neorealista di Kurosawa, "Vivere" affronta temi individuali (la paura della morte, l'importanza di vivere pienamente la propria vita) e sociali (l'inefficienza e la desensibilizzazione della burocrazia, l'ipocrisia della politica) senza scivolare – o almeno non troppo – nella retorica o nel patetismo. Il film si apre in maniera insolita: sullo schermo viene mostrata la lastra di una radiografia, mentre una voce fuori campo ci informa che "l'eroe di questa storia" ha un tumore ai polmoni e gli restano pochi mesi di vita. Il protagonista, Kenji Watanabe (interpretato da un espressivo Takashi Shimura) è un anziano funzionario comunale, direttore dell'ufficio richieste, abituato da anni – come tutti i suoi colleghi, peraltro – a "perdere tempo" invece che lavorare, facendo rimbalzare le domande dei cittadini da uno sportello all'altro, senza mai prendere alcuna iniziativa per risolvere davvero i loro problemi. Lavora da trent'anni nello stesso ufficio, senza un giorno di assenza (perché, come recita la barzelletta, "altrimenti si accorgerebbero che possono benissimo fare a meno di me"). Vedovo, ha dedicato tutta la propria esistenza al figlio Mitsuo, che ora – sposato – farebbe volentieri a meno di lui e attende soltanto che vada in pensione per poter mettere le mani sulla sua liquidazione. Quando Watanabe si rende conto di avere ormai soltanto pochi mesi da vivere, la consapevolezza di aver sprecato la propria esistenza gli piomba addosso tutta d'un colpo: confuso e disperato, dapprima vaga per la città senza meta; poi si lascia convincere da uno scrittore a godersi alcune serate nei quartieri notturni di Tokyo; e infine accoglie il saggio suggerimento di una giovane impiegata: fare qualcosa di utile. Si prende dunque a cuore la richiesta di alcune donne, fino ad allora snobbate da tutti gli uffici competenti, e si prodiga perché un terreno paludoso e ricoperto da un malsano acquitrino venga bonificato e trasformato in un campo giochi per bambini. Molte sono le scelte di sceneggiatura non convenzionali, come quella di far morire il protagonista a due terzi del film e di dedicare gli ultimi 45 minuti alla sua veglia funebre, dove i colleghi si interrogano sui motivi del suo cambiamento, ricordano la tenacia con cui ha perseguito il progetto del giardino pubblico (non mollando mai la presa sui responsabili degli altri uffici e sul recalcitrante sindaco, che poi finirà invece con l'attribuirsi tutto il merito davanti ai giornalisti) e si ripromettono di seguire il suo esempio: ma la buona volontà dura ben poco, e la burocrazia inerte e passiva torna a prevalere. L'ultima scena, che mostra finalmente i bambini giocare nel campo voluto così ostinamente da Watanabe (e nel quale è addirittura andato a morire), suggerisce che forse un uomo non ha il potere di cambiare il mondo intero: ma almeno un pezzettino sì.

10 commenti:

Lakehurst ha detto...

uno dei film di kurosawa che preferisco, certamente nella top 10

Christian ha detto...

Nella top 10 di Kurosawa? Sicuramente sì, anche se "l'imperatore" di film belli ne ha fatti veramente tanti!
L'unica cosa che a mio parere lo appesantisce un po' è la voce fuori campo del narratore, avrei preferito che commentasse di meno.

Lakehurst ha detto...

si certo, nella top 10 di kurosawa, nella top 10 generala ci metto di sicuro un kurosawa ma non questo. si la questione del voice off in un film è sempore delicato perchè è così maledettamente televisivo come sistema e rende l'idea che il regista non sappia parlare con le immagini, eppure in questo film non mi aveva neppure disturbato troppo

marco c. ha detto...

Bello, molto bello. Ma strano per Kurosawa se pensate che Rashomon la voce fuori campo non c'era nemmeno e si sentivano solo le risposte date dagli interrogati. Curioso perché qui vi siano, no? Il motivo credo che sia dovuto essenzialmente al cambio di genere: Kurosawa era un regista che al cambio di genere cambiava anche giacca. Questo è un film neo realista sul modello occidentale (azzardo un'ipotesi) quindi anche la costruzione è diversa, a partire dalla inutile voce narrante che invece era molto presente nei film americani e europei del periodo. In particolar modo americani. Io crdo che si sia rivisto qualche film targato "Stelle e Striscie" prima di partorire lo script per questo film e quindi ha provveduto a suo giudizio per accentuare l'enfasi ad aggiungere una voce-off. A noi suona sgradita perché come hanno già detto giustamente altri è un modo di barare nella spiegazione del film allo spettatore. Lo spettatore dice di sentirla poco nel caso in cui si senta davvero preso dalla tematica del film e si senta solidale alla fatica di questo vecchio morente nel fare almeno qualcosa di buono nella sua finora inutile vita. E' un film per animi buoni e persone estremamente sensibili. Ottimo per il pubblico di Mizoguchi, ma non adatto al puibblico che poi seguirà K. nelle sue grandi cavalcate alla presa del castello di Hidetora!

marco c. ha detto...

ho fatto un errore stelle e strisce. ce ne saranno altri? amen

Christian ha detto...

Più che ai film americani, qualche critico l'ha paragonato a "Umberto D." di Vittorio De Sica! Ma non credo che Kurosawa l'avesse visto: fra l'altro sono usciti nello stesso anno, il 1952 (il film italiano a gennaio, quello giapponese a ottobre).

marco c. ha detto...

Mentre scrivevo pensavo a "La morte corre sul fiume". Da una buona idea di come fossero i film del periodo. In effetti erano un po' leziosi nel montaggio. No? Inoltre non mi pare che abbia molto in comune con "Umberto D". Magari ad uno sguardo superficiale, ma Ikiru è completamente diverso. Anche secondo me non lo ha visto. O se lo ha visto non credo che sia così importante.

Christian ha detto...

Non ricordo quali critici lo hanno accostato al film di De Sica, ma Aldo Tassone nel suo "castorino" su Kurosawa lo mette a fianco di altri grandi film sulla vecchiaia o sul "bilancio" di una vita intera: oltre a "Umberto D.", anche "L'ultima risata" di Murnau, "Quarto potere" di Welles e "Il posto delle fragole" di Bergman!!!

marco c. ha detto...

E' vero. "Il posto delle fragole" ha più di qualcosa in comune. Può essere che Bergman si sia un po' ispirato? Magari lo ha visto come ripasso prima del soggetto. Cmq il film di Bergman è superiore, sotto ogni aspetto, non ultimo quello della recitazione, più sincera e meno di "maniera", con riferimento al "Cinema dei Bassifondi". Con onestà intellettuale bisogna dire che K. ha dato tanto al mondo del cinema e soprattutto ai professionisti del settore. Una miniera.

Christian ha detto...

Bergman conosceva e ammirava moltissimo Kurosawa. Quando girò "La fontana della vergine", per esempio, si ispirò a "Rashomon" per il modo di girare le scene nel bosco. Addirittura, pare che in un'occasione abbia dichiarato (esagerando, naturalmente): "Il mio film era soltanto una miserabile imitazione di Rashomon"...