5 novembre 2009

New fist of fury (Lo Wei, 1976)

Il ritorno di palma d'acciaio (Xin jing wu men)
di Lo Wei – Hong Kong 1976
con Jackie Chan, Nora Miao
*1/2

Visto in VHS, in inglese.

Negli anni immediatamente successivi alla tragica morte di Bruce Lee, il cinema di Hong Kong – rimasto orfano di colui che per la prima volta lo aveva reso popolare in tutto il mondo – si lanciò alla disperata ricerca di qualcuno che potesse raccoglierne il testimone. Nacquero così centinaia di pellicole con sosia e imitatori che ne scimmiottavano lo stile, e spesso con titoli che non avevano altro scopo che quello di ingannare lo spettatore, facendogli credere che si trattasse di film inediti del grande Bruce. Ma ci fu anche chi, come Lo Wei (mediocre regista ma attivissimo produttore), provò effettivamente a battere nuove strade in cerca del "vero" erede di Bruce. Fu proprio Lo a dare una chance al giovane Jackie Chan – fino ad allora relegato in ruoli minori all'interno di pellicole tutt'altro che memorabili – e a renderlo per la prima volta(*) protagonista di un film, fra l'altro il primo vero sequel ufficiale del lungometraggio che aveva dato l'avvio alla fama imperitura di Bruce Lee, quel "Fist of fury" (da noi "Dalla Cina con furore") diretto dallo stesso Lo Wei nel 1972. La pellicola comincia infatti con alcuni personaggi del primo film (tra cui Le-er, la ragazza amata da Chen) che lasciano Shanghai dopo la morte dell'amico per trasferirsi a Taiwan e fondare lì una nuova scuola di arti marziali. Anche nell'isola, però, le forze d'occupazione giapponesi la fanno da padrone; e Okimura, uno spietato maestro nipponico (Chan Sing), intende portare tutte le scuole cinesi sotto il proprio controllo. La "testa calda" Jackie, inizialmente un semplice ladruncolo di strada, guiderà la ribellione contro gli oppressori, in maniera non dissimile da come aveva fatto il personaggio di Bruce Lee nel film precedente. Anche il finale è praticamente identico, il che rende la pellicola più un remake che un sequel. La qualità, però, non è il massimo, soprattutto a livello di sceneggiatura: per la maggior parte del film Jackie Chan sembra entrare e uscire in continuazione dalla storia, mentre il tema del patriottismo (l'unità dei cinesi contro le prepotenze dei giapponesi) è reso in maniera banale e stereotipata, e i personaggi sono poco approfonditi. Da sottolineare comunque le figure femminili, che brillano per la poca convenzionalità: oltre alla coraggiosa Le-er (interpretata ancora da Nora Miao, vero anello di congiunzione con "Dalla Cina con furore", che a un certo punto ripensa con nostalgia a Bruce Lee mentre sullo schermo scorrono alcuni fermo-immagine dei suoi film precedenti), c'è la madre del protagonista, che lavora come prostituta per gli ufficiali giapponesi (una sottotrama interessante ma poi non sfruttata a dovere), e soprattutto la figlia del "cattivo" (Cheng Siu-Siu), un'abile e crudele karateka che combatte alla pari contro gli uomini (e non solo contro Nora Miao, come ci si sarebbe aspettato). In ogni caso, il film rappresenta soprattutto un'occasione mancata: sin dalle prime scene in cui appare sullo schermo, è evidente come Jackie – se lasciato a sé stesso – tendesse già a muoversi in direzione di un kung fu comico e disordinato; eppure Lo Wei lo costringe a "irrigidirsi" nella speranza di farne un alter ego di Chen, con risultati poco soddisfacenti. Scegliendo Jackie Chan come potenziale erede di Bruce Lee, il regista aveva avuto l'intuizione giusta: ma l'ha sprecata, non comprendendo quali fossero le vere peculiarità del giovane attore, che dovette attendere ancora un paio d'anni prima di esplodere nel firmamento delle stelle del cinema d'azione.

(*) C'era già stato in realtà un ruolo di protagonista per Jackie: "Little Tiger of Canton", nel 1971. Ma il film non arrivò mai nelle sale cinematografiche, se non in una distribuzione limitata nel 1973, e venne infine rimontato per uscire nel 1979 con il titolo "Master with cracked fingers".

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