L'ultima onda (P. Weir, 1977)
L'ultima onda (The last wave)
di Peter Weir – Australia 1977
con Richard Chamberlain, Olivia Hamnett
**1/2
Rivisto in DVD, con Marisa e altra gente.
Lavorando a una causa che coinvolge un gruppo di aborigeni, un avvocato bianco scopre l'esistenza di un'antichissima comunità tribale che sopravvive segretamente a Sydney ed entra in contatto – attraverso i propri sogni e inquietanti visioni profetiche – con un mondo ancestrale di cui ignorava l'esistenza. Mentre la natura sembra impazzire con inspiegabili ondate di maltempo e forti inondazioni, piogge di rane o di petrolio e grandinate a ciel sereno, il protagonista si rende conto che un nuovo ciclo di "morte e rinascita" è ormai imminente: sarà la fine della civiltà? Dopo "Le macchine che distrussero Parigi" e il bellissimo "Picnic a Hanging Rock", Peter Weir (un regista che amo molto) completa la sua trilogia sui misteri australiani con un film lento e d'atmosfera, suggestivo ma tutt'altro che perfetto, anche perché gli snodi fondamentali sono sottolineati più volte, lasciando poco spazio all'immaginazione dello spettatore, e i concetti metafisici non sufficientemente profondi da far presa su chi (come me) è razionalmente poco propenso ad accoglierli. La pellicola ha però avuto il merito di portare sullo schermi i volti e soprattutto i miti degli indigeni dell'Australia, fino ad allora quasi ignorati non solo dal cinema ma anche da gran parte della cultura bianca stessa ("Sono australiana da tre generazioni e non ho mai conosciuto un aborigeno", dice la moglie del protagonista): "Le vie dei canti" di Bruce Chatwin sarebbe stato pubblicato solo dieci anni dopo, nel 1987. Inquietanti le scene in cui l'aborigeno Charlie domanda ipnoticamente al protagonista "Tu chi sei? ... Tu chi sei? ...", un vero e proprio invito alla riflessione sull'identità, e importante l'uso del sonoro, caotico e invasivo, mentre alcune svolte narrative – soprattutto nel finale – non sembrano del tutto giustificate. Pessimo l'audio italiano del DVD Dall'Angelo.
7 commenti:
Amo anch'io Peter Weir, le storie ch racconta negli ultimi anni fanno riflettere, ma questo film non l'ho capito abbastanza. Mi manca Picnick ad Hanging Rock...
Il link al questionario più recente:
http://spreadsheets.google.com/viewform?hl=it&formkey=cDhtazMwUm1KaUEwR1ZQaVZIM05TQlE6MA..
"Picnic a Hanging Rock" è misterioso, splendido e affascinante, senza dubbio il film più bello del periodo iniziale di Weir (anche solo per le atmosfere): recuperalo senza esitare!
lo vidi da bambino e mi è rimasto incastonato nella mente...specie la scena in cui l'aborigeno domanda al protagonista "Tu chi sei?"...concordo in pieno con la tua recensione.
Sì, quella scena è molto bella...
Rivisto adesso, dopo lo tsunami e col clima impazzito per i frequenti uragani anche fuori stagione e in località inconsuete, sembra profetico.
Mi fa molto riflettere la perdita di contatto dell'uomo "civilizzato" con i sogni, cioè col mondo dell'inconscio, con la parte più profonda di sè e quindi con la natura...Le conseguenze cominciano ad essere sotto gli occhi di tutti, ma non tutti riescono a capire cosa bisogna recuperare.
Il modo in cui sono stati trattati gli Aborigeni australiani, i nativi americani, ecc... la dice lunga sulla tendenza a violentare e reprimere la nostra parte "primitiva"...
Aggiungo ancora come l'impatto emotivo della scena ipnotica "chi sei, chi sei?" rappresenti il nucleo centrale di tutto il film, che è centrato proprio sull'identità più profonda che va ben oltre il colore della pelle e la collocazione geografica. Un Koan importante dei maestri Zen recita "Mostrami il tuo volto prima della nascita"...
Certo, Peter Weir è un regista mai banale... E forse, quando un suo film lascia qualche perplessità, bisognerebbe rivederlo più volte fino a quando non lo si comprenderà pienamente...
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