La contessa scalza (J. L. Mankiewicz, 1954)
La contessa scalza (The barefoot contessa)
di Joseph L. Mankiewicz – USA/Italia 1954
con Ava Gardner, Humphrey Bogart
***
Visto in DVD.
Nel cimitero di Rapallo, al funerale di Maria Vargas (alias Maria D'Amato, alias contessa Torlato-Favrini), gli uomini che l'hanno conosciuta più da vicino ricordano la sua vita in una lunga serie di flashback. Lo scrittore e regista Harry Dawes (Bogey, in un ruolo che forse Mankiewicz sentiva come parzialmente autobiografico) l'aveva scoperta quando faceva la ballerina in un locale di Madrid, dove si era recato in cerca di volti nuovi per conto del produttore Kirk Edwards, ed era diventato rapidamente il suo confidente, quasi una sorta di padre. L'esperto di relazioni pubbliche Oscar Muldoon (Edmond O'Brien) l'aveva introdotta prima a Hollywood e poi nel mondo dell'alta società, dove era diventata la compagna dell'ambiguo uomo d'affari sudamericano Alberto Bravano. E il conte Vincenzo (Rossano Brazzi) l'aveva sposata e portata in Italia, senza però rivelarle di essere impotente e di non poter dunque avere un erede. Le voci fuori campo e il sofisticato uso dei flashback (ce n'è persino uno, narrato da Maria, dentro un altro, ricordato da Harry; e una stessa scena ripetuta due volte, da punti di vista diversi) danno una patina noir a un film con il quale Mankiewicz attacca pesantemente il dorato mondo di Hollywood, falso, ipocrita e ingannevole; quello dei nuovi ricchi, volgare, dispotico e privo di valori; e quello dei vecchi aristocratici, chiuso in sé stesso, votato al passato e destinato all'estinzione: tre mondi attraversati come una meteora da una donna forte e indipendente, che preferisce camminare a piedi nudi perché le scarpe rappresentano un'insopportabile costrizione, che sembra incapace di amare ("L'amore è una malattia, e io non sopporto le persone malate") e di essere felice ovunque si trasferisca, che non sa resistere all'attrazione per il popolo e la gente semplice, e che – come Cenerentola (anche lei refrattaria alle scarpe!) – è alla continua ricerca di un Principe Azzurro, senza rendersi conto che la realtà e ben differente dalle fiabe o dal cinema (eppure il regista le spiega subito che "un copione deve avere senso, la vita no"). Forse anche per questi motivi, oltre che per la sua romantica tragicità, il film è molto più amato in Europa (e in particolar modo in Francia) che negli Stati Uniti.
0 commenti:
Posta un commento