Tre passi nel delirio (Vadim, Malle, Fellini, 1968)
Tre passi nel delirio (Histoires extraordinaires)
di Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini – Francia/Italia 1968
con Jane Fonda, Alain Delon, Terence Stamp
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Rivisto in DVD.
Un film a episodi tratto dai racconti di Edgar Allan Poe che avevo già visto parecchi anni fa ma che non ricordavo quasi per niente, eccezion fatta per qualche immagine del primo episodio che mi era rimasta nella mente. Le tre storie sono ambientate in epoche differenti (un medioevo fiabesco e irreale per Vadim, un ottocento austero e opprimente per Malle, un ventesimo secolo grottesco e infernale per Fellini) e presentano protagonisti ossessionati dal paranormale che li tormenta fino a farli impazzire (come peraltro recita, correttamente, il titolo italiano del film). La qualità dei tre cortometraggi, però, è piuttosto disuguale. Se da Vadim non mi aspettavo molto di più, Malle (che pure poteva contare su uno dei racconti più interessanti di Poe) mi ha piuttosto deluso. Bello, invece, l'episodio di Fellini, soprattutto dal punto di vista estetico e visivo: è sicuramente il migliore dei tre.
"Metzengerstein" di Roger Vadim, con Jane Fonda e Peter Fonda (*1/2)
Dopo aver fatto uccidere il cugino che l'aveva respinta, una nobile viziata e dissoluta è tormentata da un gigantesco destriero nero che potrebbe essere lo spirito del congiunto. Insoddisfacente e inconcludente, si salva per i bei paesaggi (è girato in Finistère, nella Bretagna francese) e per Jane Fonda, bellissima anche se poco in parte, che sfoggia tutta una serie di eleganti vestitini medievali. Brutta invece la musica e mediocre la narrazione, che lascia troppo spazio alla voce fuori campo.
"William Wilson" di Louis Malle, con Alain Delon e Brigitte Bardot (*1/2)
Per tutta la vita, un uomo crudele e sadico è perseguitato da un misterioso sosia che manda all'aria le sue malefatte. Da uno dei racconti più interessanti di Poe sul tema del doppio, Malle tira fuori una versione scialba e priva di tensione. Curiosa la parte di Brigitte Bardot, giocatrice d'azzardo con il sigaro.
"Toby Dammit" di Federico Fellini, con Terence Stamp (***)
Un attore inglese, nevrastenico, alcolizzato e ossessionato dal demonio, giunge a Roma per interpretare "il primo western cattolico". Farà una brutta fine. L'episodio di Fellini è il migliore, e non solo perché è quello più personalizzato (ambientato ai giorni nostri, nel mondo del cinema, in una Roma trasfigurata dalla splendida la fotografia di Giuseppe Rotunno, con colori, luci e tonalità rosse). Tutto concorre a farne un piccolo gioiellino: la musica di Nino Rota, i moltissimi volti dei caratteristi, il tono grottesco, il protagonista che parla inglese e non è tradotto (il resto degli attori parla in italiano). Peccato soltanto che la scena finale, quella sulla strada che si interrompe nella nebbia, non sia bella e convincente come la parte iniziale all'aeroporto e quella centrale alla cerimonia di consegna dei premi cinematografici.
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