16 luglio 2023

L'imperatrice Yang Kwei-fei (K. Mizoguchi, 1955)

L'imperatrice Yang Kwei-fei (Yokihi)
di Kenji Mizoguchi – Giappone 1955
con Machiko Kyo, Masayuki Mori
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Rivisto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.

Poco prima di morire, l'imperatore cinese Xuan Zong (Masayuki Mori) – appartenente alla dinastia Tang e vissuto nell'ottavo secolo – ricorda il periodo più felice della sua esistenza, quello trascorso al fianco della bellissima Yang Kwei-fei (Machiko Kyo), umile ragazza di campagna che era stata condotta a corte dall'eunuco Kao (Eitaro Shindo) allo scopo di fargli dimenticare la precedente consorte defunta. Colpito non solo dalla sua bellezza, ma anche dalla sincerità e dalla sensibilità affine per la musica e le arti, Xuan Zong ne fece la sua compagna, favorendo anche la scalata sociale della sua famiglia, in primis il cugino Yang Kuo-chung (Eitaro Ozawa). L'avidità e l'ambizione di questi, però, scatenerà una rivolta della popolazione, guidata dal generale An Lu-shan (So Yamamura). E la stessa Kwei-fei, pur di salvare l'imperatore, accetterà di farsi uccidere. L'intera vicenda è raccontata in flashback, nel ricordo dell'imperatore poco prima di ricongiungersi "spiritualmente" con l'adorata moglie. Primo degli unici due film a colori girati da Mizoguchi (l'altro è "Nuova storia del clan Taira", dello stesso anno), il film è una coproduzione fra la giapponese Daiei e l'hongkonghese Shaw & Sons (la futura Shaw Brothers), anche se cast e troupe sono interamente nipponici, e racconta di personaggi realmente esistiti: Yang Guifei (questa la romanizzazione moderna del suo nome), in particolare, è considerata una delle "quattro grandi bellezze" dell'antica Cina, al fianco di altre figure storiche e/o leggendarie. La prima parte della pellicola è romantica e quasi fiabesca, con echi in particolare di "Cenerentola" (la ragazza maltrattata dalla propria famiglia, e messa a lavorare nelle cucine dalle sorellastre, che però conquista il favore di un sovrano); la parte centrale, la migliore (con la visita in segreto e in anonimato alla festa popolare), mostra l'evoluzione del rapporto fra i protagonisti, con la presenza della donna che aiuta l'imperatore a liberarsi dalle costrizioni della vita di corte, dove anche lui è di fatto prigioniero di norme e regole alle quali non può contravvenire; quella conclusiva, infine, si concentra sugli eventi storici, ma è evidente che non siano questi al centro dell'interesse di Mizoguchi, che infatti sorvola rapidamente sull'evolversi politico e militare della situazione, in favore dei conflitti morali ed emozionali, culminando nel tema a lui caro del sacrificio femminile. Il consueto sobrio formalismo del regista giapponese è accompagnato stavolta da un certo gusto barocco, dovuto forse all'ambientazione cinese, complici anche i colori che donano una qualità pittorica all'immagine. Nel 1962 gli Shaw Brothers realizzeranno un remake in lingua cinese del film, diretto da Li Han-hsiang e distribuito all'estero col titolo "The magnificent concubine".

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