Tron: Legacy (Joseph Kosinski, 2010)
Tron: Legacy (id.)
di Joseph Kosinski – USA 2010
con Garrett Hedlund, Jeff Bridges
*1/2
Visto su Netflix, con Monica, Alberto, Eva e Marisa.
Sequel del primo "Tron", ambientato (in tempo reale) quasi trent'anni dopo. Alla ricerca del padre Kevin Flynn (Bridges), misteriosamente scomparso, suo figlio Sam (Hedlund) scopre che l'uomo è rimasto intrappolato "nella rete", prigioniero di Clu (codified likeness utility), un software da lui creato e che nel ciberspazio (dove i programmi sono entità viventi) ha le sue stesse fattezze. Lo salverà con l'aiuto di Quorra (Olivia Wilde), programma sviluppatosi spontaneamente. Il concetto alla base del film, quello di uomini risucchiati in un mondo di programmi viventi, poteva sembrare assurdo nei primi anni ottanta, ma l'ingenuità e il fascino dei primi videogiochi contribuiva allora a renderlo suggestivo: l'attuale sviluppo della tecnologia e di internet avrebbe potuto offrire la possibilità di renderlo più credibile, eppure i cineasti non si sono nemmeno sforzati per dare senso alla trama. Di buono c'è il fatto che si tratta di un sequel e non di un reboot come oggi va di moda (con Bridges e Bruce Boxleitner che riprendono i personaggi originali, invecchiati di trent'anni, e il doppiaggio italiano che riutilizza le scelte di adattamento di allora, a partire dal termine "user" tradotto con "creativo"), e soprattutto l'estetica algida ed "elettronica" (praticamente tutto il film è in computer grafica, ma il look di scenari e personaggi, caratterizzati da linee luminose e ambienti asettici e futuristici, ha una sua coerenza e una sua freddezza encomiabile: fra le probabili fonti di ispirazione, oltre naturalmente al primo film, anche "Blade runner", "THX 1138" e "2001: Odissea nello spazio"). Interessanti anche i riferimenti religiosi (al cristianesimo e al buddhismo), benché si sfiori pericolosamente la filosofia new age. Fra i contro, invece, la pellicola è lunga e noiosa, con una trama alquanto confusa e un giovane protagonista del tutto anonimo, che sfigura in confronto al vecchio Bridges, assai più carismatico e centrale nella vicenda. Anche Tron, il programma che dà il titolo alla serie, compare solo fugacemente, così come l'iconica corsa con le motociclette che lasciano una scia solida (sostituita, nel finale, da una battaglia aerea). Personalmente, sono rimasto deluso dal fatto che le moto non sterzassero più ad angolo retto. Nel cast anche Michael Sheen (il programma Castor, ispirato a David Bowie) e Beau Garrett (una delle "Sirene", addette a preparare i contendenti dei giochi). Colonna sonora dei Daft Punk.
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