Toro scatenato (Martin Scorsese, 1980)
Toro scatenato (Raging Bull)
di Martin Scorsese – USA 1980
con Robert De Niro, Joe Pesci
***
Rivisto in DVD.
Biopic sull'ascesa e la caduta del pugile italo-americano Jake LaMotta, soprannominato "il toro del Bronx", che fu campione del mondo dei pesi medi alla fine degli anni quaranta, prima che il suo carattere difficile e i tanti eccessi lo portassero dalle stelle alle stalle, facendogli perdere tutto ciò che aveva conquistato: fama, denaro, affetti. La pellicola, girata interamente in bianco e nero (se si eccettuano brevissimi inserti a colori, quasi dei filmini d'epoca, che rappresentano lo scorrere del tempo), segue il protagonista negli anni dei trionfi sul ring (memorabili i numerosi incontri con il suo rivale di sempre, Sugar Ray Robinson, con il quale infine perse il titolo) e in quelli successivi del declino fisico ed economico, quando negli anni sessanta (dopo il tentativo di gestire un night club con il suo nome, per colpa del quale finirà anche in galera), si ridusse a diventare un cabarettista in locali di terz'ordine. Degli otto film realizzati finora insieme da Scorsese e De Niro, al fianco di "Taxi driver" è forse il più celebrato. Sceneggiato da Paul Schrader e Mardik Martin (che hanno adattato l'autobiografia dello stesso LaMotta), ambientato più nel mondo di Little Italy (con le sue dinamiche di potere e di amicizie, già raccontate nei precedenti lavori del regista, in particolare "Mean streets") che in quello del pugilato (ma Scorsese è bravissimo nel ricostruire match leggendari come quelli contro Robinson, Cerdan e Fox), il film – tutt'altro che un'agiografia, nonostante il coinvolgimento diretto del vero Jake LaMotta come consulente – è soprattutto un ritratto, intriso di crudo realismo e amarezza, di un personaggio complesso e difficile, forte e tenace (memorabile, dopo la sua sconfitta finale con Robinson, il grido d'orgoglio per essere rimasto in piedi: "Non mi hai fatto andare giù") ma anche violento, paranoico, testardo e ostinato (è una "testa dura" in tutti i sensi), pieno di rabbia e di gelosia, autentico artefice della propria autodistruzione. Non solo perché in perenne lotta con sé stesso e con il proprio peso, ma anche per l'incontrollata gelosia che lo porterà a perdere la moglie, il fratello e tutti coloro che aveva attorno a sé.
Se il cast di contorno è eccellente (Joe Pesci, che interpreta Joey, il fratello/manager di Jake, tornerà a collaborare con Scorsese in "Quei bravi ragazzi" e "Casinò"; la diciannovenne Cathy Moriarty, al debutto sul grande schermo, è Vicki, la seconda moglie del protagonista), il film è passato alla storia anche e soprattutto per la straordinaria performance di De Niro (giustamente premiata con l'Oscar), capace di acquistare oltre 30 chili di peso per interpretare Jake negli anni del suo declino. Si tratta senza dubbio di una delle più incredibili trasformazioni della storia del cinema (da giovane asciutto e muscoloso a vecchio pesante e flaccido), "un esempio lampante di un metodo di recitazione estremo, mirato alla riproduzione più fedele possibile della realtà". "Io non ci riesco proprio a fingere di recitare. Ho bisogno di far mie tutte le caratteristiche del personaggio", disse l'attore. Era stato proprio De Niro, che aveva letto l'autobiografia di LaMotta, a proporre anni prima il soggetto a Scorsese, inizialmente non interessato perché non amava il pugilato. Ma l'entusiasmo dell'attore finì per convincere anche il regista che all'epoca, in crisi psicologica e fisica (alcune scene, per via dei suoi attacchi d'asma, furono in realtà dirette da suo padre Charles), era convinto che questo sarebbe stato il suo ultimo film: il grande successo di critica – peraltro non immediato – volle diversamente. La scelta di girare in bianco e nero fu presa da Scorsese e dal direttore della fotografia Michael Chapman per restare il più fedeli possibile alle documentazioni iconografiche del vero Jake LaMotta (ovvero le foto e i filmati degli anni quaranta). Oltre alle sequenze degli incontri di boxe (che il regista, l'operatore e la montatrice Thelma Schoonmaker vollero riprendere con una cinepresa sempre sul ring insieme a loro, mostrandone così da vicino tutta la violenza e il dolore: fino ad allora, nei film sul pugilato, la consuetudine era quella di mostrare il punto di vista degli spettatori), fra i momenti più memorabili della pellicola c'è la scena in prigione (quella in cui Jake, come in un confessionale, prende finalmente coscienza delle proprie colpe) e naturalmente il magnifico incipit: LaMotta che saltella da solo sul ring, al ralenti, accompagnato dalle note dell'intermezzo della "Cavalleria rusticana". Il film è dedicato da Scorsese (con una citazione dal vangelo di Giovanni) ad Haig Manoogian, suo insegnante di cinema.
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