6 luglio 2017

Anno 2670 - Ultimo atto (J. Lee Thompson, 1973)

Anno 2670 - Ultimo atto (Battle for the Planet of the Apes)
di J. Lee Thompson – USA 1973
con Roddy McDowall, Paul Williams
*1/2

Visto in divx.

Quinto e ultimo film della serie originale de "Il pianeta delle scimmie", quella prodotta da Arthur P. Jacobs (che fece uscire praticamente un film all'anno: qui per la prima volta il regista è lo stesso dell'episodio precedente). Anche in questo caso, il titolo italiano è parzialmente fuorviante: la storia si svolge soltanto una ventina d'anni dopo il quarto lungometraggio, cioè all'inizio del ventunesimo secolo, ma è raccontata in flashback da un orango, il Legislatore (interpretato da John Huston, e menzionato già nel primo film), appunto nel 2670. Dopo la conclusione di "1999 - Conquista della Terra", una guerra nucleare ha sconvolto il pianeta, radendo al suolo tutte le città e distruggendo la civiltà umana. Lo scimpanzé Cesare (McDowell) ha guidato fuori da New York un gruppo di superstiti – sia umani che scimmie – e ha creato una comunità agricola (ci sono anche case sugli alberi) dove vivere in armonia (a patto che gli uomini non usino la parola "No!"). Ma la pace è messa a repentaglio da un lato dalla bellicosità del generale Aldus (Claude Akins), gorilla guerrafondaio che vorrebbe prendere il potere e sterminare tutti gli uomini, e dall'altro dagli ultimi superstiti dell'esercito umano che, nonostante sia contaminata dalla radioattività e ribattezzata la Città Morta, abitano ancora a New York, guidati dal governatore Kolp (Severn Darden). Non più sceneggiato da Paul Dehn, l'ultimo film della saga originale è un discreto e sconclusionato pasticcio, fra cliché della fantascienza post-apocalittica (il villaggio dove si vive in pace assediato dai predoni: rivedremo scene del tutto simili in "Mad Max"), caratterizzazioni stereotipate e manichee (con una divisione fra buoni e cattivi senza sfumature) e persino contraddizioni con le premesse dei film precedenti (com'è possibile che in così pochi anni tutte le scimmie si siano evolute completamente, quando nella quarta pellicola il solo Cesare era capace di parlare?). Anche la metafora antibellica è troppo evidente e semplicistica (Aldus che rinchiude gli uomini del villaggio nel recinto fa pensare all'imprigionamento forzato dei cittadini di origine giapponese negli Stati Uniti dopo Pearl Harbor), mentre l'epicità è del tutto assente. Più che una guerra, quella mostrata sullo schermo sembra una scaramuccia su piccola scala, con una manciata di uomini da una parte (con pochi mezzi e armi di fortuna) e un villaggetto di un centinaio al massimo di scimmie dall'altra: difficile credere che siano in gioco le sorti di un intero pianeta! Nel complesso, ancor più che nei capitoli precedenti, si respira aria di B-movie: era evidente che ormai la saga avesse esaurito la sua spinta (da notare che Jacobs morì due settimane dopo la sua uscita nelle sale). Nel 1974, comunque, fu realizzata una breve serie televisiva, e naturalmente nel nuovo secolo ci saranno i remake e i reboot. Paul Williams è Virgilio, l'orango consigliere di Cesare. Lew Ayres è Mandemus, il guardiano delle armi (nonché "coscienza di Cesare"), Austin Stoker è McDonald (ma si dice che è il fratello del McDonald del quarto film). Musica (come nel secondo film) di Leonard Rosenman.

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