L'intervallo (Leonardo Di Costanzo, 2012)
L'intervallo
di Leonardo Di Costanzo – Italia 2012
con Alessio Gallo, Francesca Riso
*1/2
Visto in divx.
Il diciassettenne Salvatore, venditore ambulante di granite alla periferia di Napoli, viene incaricato dai camorristi locali di sorvegliare la quindicenne Veronica, rinchiusa all'interno di un edificio fatiscente e abbandonato. La giovane ha evidentemente commesso uno sgarbo verso qualcuno, ma Salvatore ignora di cosa si tratti. Costretti a condividere lo stesso spazio per un'intera giornata, fra i due ragazzi – dopo l'iniziale ostilità – si stabilisce un legame empatico. Opera prima del documentarista Di Costanzo, un "piccolo film" esile e banalotto, girato praticamente con due soli personaggi (se si eccettuano le brevi comparsate del padre di Salvatore e dei camorristi all'inizio e alla fine), che vorrebbe offrire una riflessione poetica sulla gioventù, sui rapporti sociali e sulle costrizioni in territorio criminale, fra metafore sulla "natura" (gli uccellini in gabbia che non vogliono fuggire nemmeno con la porta aperta, la cagna che va a partorire i cuccioli da sola) e suggestioni quasi fiabesche (la cantina allagata, le storie di fantasmi, la magia della pioggia), mantenendo al tempo stesso un appiglio sulla realtà e la quotidianità (ma l'uso del dialetto napoletano stretto rende quasi incomprensibile la visione senza sottotitoli). La sceneggiatura appare forzata in più punti nelle dinamiche di interazione fra i personaggi, e con i suoi dialoghi banalmente ingenui non riesce mai a far salire l'interesse per la vicenda. Anche la regia non "respira", con la macchina da presa sempre attaccata ai personaggi. Ne risulta un film tutt'altro che scorrevole, la cui visione (nonostante la brevità) è quasi estenuante: siamo ben lontani dalla grazia e dalla leggerezza, per esempio, de "La schivata" di Kechiche, o dagli approfondimenti psicologici e culturali di "Io e te" di Bertolucci (uscito nello stesso anno). Deludente anche il finale, che non dona una risoluzione adeguata al senso di attesa che aveva permeato tutto il film.
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