La fine di San Pietroburgo (V. Pudovkin, 1927)
La fine di San Pietroburgo (Konec Sankt-Peterburga)
di Vsevolod Pudovkin – URSS 1927
con Ivan Šuvelev, Aleksandr Ċistjakov
**1/2
Visto su YouTube, con cartelli sottotitolati in inglese.
Spinto dalla fame, un giovane contadino lascia la campagna per cercare lavoro a San Pietroburgo. Qui entrerà in contatto con i rivoluzionari che si ribellano allo sfruttamento degli operai da parte dei padroni delle fabbriche. E nel 1917, dopo aver combattuto nella prima guerra mondiale, parteciperà all'assalto al Palazzo d'Inverno che consegnerà il potere ai soviet. Commissionato per celebrare il decimo anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, "La fine di San Pietroburgo" è il secondo film, dopo "La madre" e prima di "Tempeste sull'Asia", della celebre trilogia di Pudovkin sul tema della presa di coscienza sociale. L'attenzione è decisamente incentrata più sul contesto storico e politico che non sulle vicende individuali del protagonista: come tale, la pellicola affascina visivamente, grazie a immagini potenti e comunicative, all'uso di luci e ombre, e naturalmente al montaggio (l'elemento chiave nel cinema di Pudovkin e in generale in quello sovietico dell'epoca), ma risulta assai semplicistica nella trama, smaccatamente propagandistica, e nella caratterizzazione dei personaggi, che non hanno nemmeno un nome e servono solo a rappresentare delle categorie sociali (le grandi masse vittime del potere, i rivoluzionari che guidano alla libertà, i capitalisti sfruttatori). A restare impressi sono invece scenari e ambienti: la città di San Pietroburgo, all'inizio, è dominata dalla grandiosità delle statue equestri degli zar, dai palazzi, dalle chiese con i tetti d'oro, dai camini da cui esce il fumo delle fabbriche (che si contrappongono ai mulini a vento delle campagne). Il montaggio, come detto, risalta per la sua rapidità in alcune sequenze chiave (l'irruzione nell'ufficio del padrone della fabbrica) o per gli accostamenti (le battaglie al fronte durante la guerra sono intervallate con scene degli uomini d'affari che speculano al mercato azionario). I cartelli riportano frasi, slogan e singole parole a caratteri cubitali. L'ultimo recita: "San Pietroburgo è morta, lunga vita a Leningrado". Ma sarebbe sbagliato bollare il film solo come propagandistico e celebrativo: in Pudovkin l'umanismo non viene mai meno, e lo dimostrano sequenze – più efficaci di qualsiasi slogan – come quella finale, in cui la donna in cerca del marito divide il proprio cibo con i soldati stanchi, affamati o feriti dopo la battaglia. In precedenza, nella rievocazione degli eventi storici, c'era stato spazio anche per un accorato messaggio antibellico (la guerra che devasta le campagna e distrugge le vite "in nome dello zar, della patria e del denaro"; e persino i soldati tedeschi non sono descritti come nemici ma come vittime, a loro volta, degli interessi dei potenti). Il film è stato restaurato nel 1969 con l'aggiunta di una colonna sonora.
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