Doctor Strange (Scott Derrickson, 2016)
Doctor Strange (id.)
di Scott Derrickson – USA 2016
con Benedict Cumberbatch, Tilda Swinton
**1/2
Visto al cinema Arcobaleno.
Un altro personaggio dei fumetti Marvel sbarca sul grande schermo. A questo giro è la volta del Dottor Strange, il leggendario "maestro delle arti mistiche" creato negli anni sessanta da Steve Ditko (e dal solito Stan Lee, che si concede il consueto cameo nei panni del passeggero di un autobus, intento a leggere ridacchiando "Le porte della percezione" di Huxley). A differenza dei suoi colleghi supereroi, Strange (interpretato da un ottimo Cumberbatch) non combatte le minacce fisiche ma quelle di natura mistica, come demoni ed entità provenienti da altre dimensioni, aiutato dalla propria conoscenza dell'occulto e da artefatti magici come l'Occhio di Agamotto e la Cappa della Levitazione. Il film di Derrickson ne racconta le origini, ambientandole ai giorni nostri. Neurochirurgo abile e brillante ma anche arrogante ed egocentrico, il dottor Stephen Strange perde l'uso delle mani dopo un incidente stradale. Nel tentativo di guarire, dopo aver provato tutto ciò che la scienza aveva da offrire, si reca fino in Tibet per incontrare l'Antico (Tilda Swinton: curiosa ma azzeccata scelta di casting), "stregone supremo" della Terra, che gli aprirà le porte di una realtà più grande, svelandogli i segreti della magia e aiutandolo a liberare il proprio "corpo astrale". Insieme al fido Wong (Benedict Wong) e al conflittuale Mordo (Chiwetel Ejiofor), Strange sventerà i piani del ribelle Kaecilius (Mads Mikkelsen) e della sua banda di zeloti, che intendevano consegnare il pianeta al demone Dormammu. E dopo la morte dell'Antico, si insedierà a New York, nella tradizionale dimora al Greenwich Village, come guardiano e protettore della Terra. I temi del misticismo orientale sono piegati alle esigenze di un film d'azione, e la pellicola è in parte formulaica, non scevra dai cliché supereroistici – a partire dalla "crescita" del protagonista, che impara ad affrontare le proprie responsabilità – e con personaggi di contorno poco sviluppati: tanto la donna amata da Strange, la dottoressa Palmer (Rachel McAdams), quanto (soprattutto) il cattivo Kaecilius, per esempio, hanno una caratterizzazione piuttosto piatta. Ma il tutto è riscattato da un sense of wonder che non viene mai meno e da un apparato visivo che lascia più volte a bocca aperta, con effetti speciali sempre al servizio della storia. Memorabili gli scenari che fanno da sfondo ad alcuni combattimenti, dalla città di New York deformata nella "dimensione specchio", con i palazzi che si ripiegano su sé stessi (e che ricordano "Inception"), al tempo che si riavvolge o che addirittura si ferma durante lo scontro ad Hong Kong, per non parlare della psichedelica "dimensione oscura" di Dormammu. La magia è rappresentata visivamente attraverso cerchi luminosi e forme geometriche, che ricordano non poco le tavole di Ditko. Buona anche la colonna sonora di Michael Giacchino, anche se il tema principale assomiglia un po' troppo a quello di Harry Potter. Ci si diverte, e per una volta non si ha l'impressione di aver assistito a una puntata di un telefilm, ma a un film vero e proprio. Anche perché i collegamenti con l'Universo Cinematico Marvel sono pochi: a parte la scena extra durante i titoli di coda (dove vediamo Strange entrare in contatto con Thor, preannunciando così il suo coinvolgimento nei futuri film della Casa delle Idee), si citano di sfuggita gli Avengers e si rivela che l'Occhio di Agamotto è una delle gemme dell'infinito. Nel complesso, dunque, siamo di fronte a una delle migliori pellicole Marvel, se non la migliore, della recente ondata.
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