Quintet (Robert Altman, 1979)
Quintet (id.)
di Robert Altman – USA 1979
con Paul Newman, Vittorio Gassman
**1/2
Rivisto in divx.
In un lontano futuro, con la Terra ricoperta dai ghiacci e la popolazione ormai sterile e ridotta ai minimi termini, un cacciatore di foche, Essex (Paul Newman), torna nella città che aveva abbandonato dodici anni prima. Qui trova uno scenario desolante, con i cani che divorano i cadaveri nelle strade, le vestigia della civiltà imprigionate fra i ghiacci e le strade decorate da sbiadite gigantografie del passato. L'unica attività rimasta è il Quintet, una sorta di gioco da tavolo che, con le sue cinque fasi, simboleggia la vita stessa, e le cui regole all'interno della pellicola sono appena accennate: a una prima parte ad "eliminazione" fra cinque giocatori, ne segue una seconda dove un sesto è pronto a sfidare il superstite. Quando suo fratello rimane ucciso in un'esplosione, a causa della quale muore anche la sua giovane compagna (incinta!), Essex scopre che in città è in corso un torneo "clandestino" di Quintet dove i giocatori, per primeggiare, devono realmente uccidersi fra loro. Per indagare si sostituisce a uno di essi, assumendone l'identità ed entrando a far parte di un meccanismo pericoloso, costeggiato di alleanze, tradimenti, spietatezze e paranoie... Insolita pellicola di fantascienza post-apocalittica, vagamente ispirata a "La settima vittima" di Sheckley, un unicum nella carriera di Robert Altman che non ebbe alcun successo al botteghino o presso la critica ma che meriterebbe almeno in parte di essere rivalutato – nonostante caratteristiche indubbiamente poco accattivanti (il ritmo quasi soporifero, un messaggio cinico e pessimista) – se non altro per l'aspetto estetico e formale e per il notevole cast internazionale, che oltre a Newman comprende Vittorio Gassman (il giocatore/predicatore Saint Christopher), la bergmaniana Bibi Andersson, il buñueliano Fernando Rey (l'arbitro del gioco), la francese Brigitte Fossey e la danese Nina van Pallandt. Evidente l'intento di ammiccare ai fan del cinema d'autore, come testimonia, oltre al cast, anche il sottotesto filosofico o allegorico della vicenda: si potrebbe paragonare a "Il settimo sigillo", con il Quintet che sostituisce gli scacchi e il giudice-demiurgo interpretato da Rey al posto della Morte. Purtroppo la pellicola soffre anche per una certa pretenziosità (vedi anche la bislacca idea di sfumare i bordi dell'inquadatura, come se sulla macchina da presa fosse applicata una lente o un filtro, per contribuire al senso di torpore e di disperazione che avvolge gli abitanti di un mondo che sta per morire) e per una narrazione un po' prevedibile (che sia in atto una partita di Quintet "dal vivo" è evidente allo spettatore quasi da subito, mentre Essex lo scopre solo alla fine). Interessanti i costumi, che nella loro pesantezza mostrano foggie medievali o rinascimentali, come a sottolineare la regressione della civiltà in seguito all'era glaciale (testimoniata anche dal poco che resta, spesso travisato, del mondo precedente: dai sistemi computerizzati ai riti religiosi). La colonna sonora, ricca di percussioni e di sonorità aspre, è di Tom Pierson.
2 commenti:
Un paio di osservazioni:
Il gioco come regolamento di conti e finale di partita: oltre che il giusto riferimento a Bergman e al suo "Settimo sigillo", il pensiero va al Mahabharata (mirabile il lungo film di P. Brook ) in cui i fratelli Pandavas perdono il regno proprio con una partita a dadi. Ma nell'epopea indiana il gioco è voluto da Krisna stesso e segue le leggi del Dharma, cioè è come se le sorti del destino dell'uomo venissero rette dal divino e la vita come gioco serve per permettere agli uomini di non insuperbirsi delle vittorie ed imparare dalle sconfitte (vedi l'esilio conseguente alla sconfitta e il lungo apprendimento nel deserto, prima della vittoria finale), mentre in questo film il gioco è solo l'ultimo modo per usare un tempo ormai scaduto irreparabilmente e la scommessa serve solo a stabilire l'ordine di morte. Il divino e la grazia sono ormai persi per sempre. Un vero e proprio gioco al massacro in cui la freddeza dell'ambiente rispecchia la freddezza dei calcoli dei giocatori ormai senza alcuna speranza, dopo la morte dell'unica donna giovane incinta...
Il ghiaccio che domina e ricopre tutta la terra: come non pensare a Dante e al lago gelato di Cocito, la parte più profonda dell'inferno, dove sono confinati i traditori, quelli cioè che hanno usato la loro mente per tramare “a freddo” i peggiori crimini contro gli altri? E non è un tradimento alla terra e alla natura quello che si è perpretato per tanto tempo dall'egoismo umano? Anche Lucifero, la mente perversa e separante, è conficcato nel ghiaccio come punto più basso della caduta e della disperazione.
I riferimenti, i rimandi e le suggestioni non mancano di certo (alcuni certamente voluti dall'autore, altri probabilmente no: ma non importa), e questo lo rende un film più interessante di quanto che potrebbe sembrare a una prima visione veloce o disattenta. Resta una pellicola insolita, anche all'intero della filmografia di Altman, poco o per nulla accattivante per chi ama una fantascienza d'avventura o d'azione (purtroppo è uscita negli anni subito dopo "Guerre stellari", e questo ha influito sulla sua accoglienza). Sicuramente da rivalutare!
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