Nanga Parbat (J. Vilsmaier, 2010)
Nanga Parbat (id.)
di Joseph Vilsmaier – Germania 2010
con Florian Stetter, Andreas Tobias
*1/2
Visto in TV, con Hiromi.
La vera storia dei fratelli Messner, Reinhold e Günther, che nel 1970 furono i primi a salire sul leggendario Nanga Parbat (chiamato "la montagna dei tedeschi" dagli alpinisti teutonici, che tentarono a più riprese di sfidarla) dalla difficilissima parete Rupal, la più alta del mondo (oltre 4500 metri dalla base alla vetta!). Durante la discesa, che i due furono costretti ad affrontare da un altro versante e senza l'attrezzatura adatta, una valanga di neve travolse Günther: e Reinhold (all'epoca solo 26enne e non ancora divenuto celebre come "Re degli 8000": quella fu la sua prima esperienza nell'Himalaya), sopravvissuto per miracolo, venne investito dalle critiche perché molti – a cominciare da Karl Herligkoffer, il medico tedesco che aveva organizzato la spedizione – lo accusarono di aver lasciato solo il fratello durante la salita pur di raggiungere per primo la cima. Per anni continuò a tornare sul Nanga Parbat alla ricerca del corpo di Günther: ma solo trentacinque anni dopo, nel 2005, lo scioglimento dei ghiacci ne riportò alla luce i resti sul versante Diamir, dimostrando che i due fratelli stavano effettivamente scendendo insieme per quella via e mettendo fine alle polemiche. Il film ripercorre la storia di quella spedizione, intervallandola con alcuni brevi momenti dell'infanzia dei due protagonisti in Alto Adige, e si concentra dunque – oltre che sui magnifici scenari delle montagne himalayane – sul rapporto fra i due fratelli, legatissimi sin da bambini ed entrambi grandi appassionati di scalate. Se la storia è appassionante e l'ambientazione è mozzafiato, la realizzazione è didascalica: per darle maggiore spessore ci sarebbe forse voluto un regista con più personalità, per esempio uno come Werner Herzog, con il quale peraltro Reihnold Messner (che in questa occasione ha fatto da consulente) aveva collaborato in "Grido di pietra", altro film sull'alpinismo e sulle sfide estreme dell'uomo alla natura e a sé stesso.
2 commenti:
Amo molto Messner, ma questo filmato non mi ha coinvolto per niente.
Un'occasione persa per entrare in quella che è stata la vera svolta di Reihnold e la cruciale esperienza da cui è uscito elaborando un lutto e un senso di colpa che lo hanno portato a prendersi l'unica vera responsabilità possibile: quella di sé stessi e del proprio destino, talenti compresi.
Sì, il film non mostra nulla del "vero" dramma di Messner, quello interiore. A questo punto, forse era meglio fare un semplice documentario, magari narrato da lui in prima persona.
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