Play (Ruben Östlund, 2011)
Play
di Ruben Östlund – Svezia 2011
con Anas Abdirahman, Sebastian Blyckert
***
Visto al cinema Arcobaleno, in originale con sottotitoli
(rassegna di Cannes).
In una Göteborg piovosa e indifferente, una banda di ragazzini di colore intimidisce i coetanei in un centro commerciale per poi rapinarli dei loro cellulari e di altri oggetti di valore. Il film racconta un piccolo episodio di estorsione con grande cura e con dettagli a volte fin troppo espliciti, ma anche con pacatezza e una certa levità, mettendo sotto la lente d'ingrandimento non solo le tre vittime impotenti ma anche i cinque teppistelli, e mostrando come il mondo dei minorenni protagonisti segua regole proprie e spesso crudeli, che si sviluppano nell'incuranza degli adulti. Girata con uno stile realista, lucido e rigoroso, che si affida a lunghi piani sequenza caratterizzati dalla camera fissa, la pellicola non si fa scrupoli nel mostrare uno cupo spaccato di realtà urbana e affronta temi delicati e attuali (la delinquenza giovanile, l'integrazione degli immigrati, il difficile rapporto dei ragazzi con adulti assenti ma sempre pronti a fare la morale: vedi la scena in cui i ragazzini, rimasti senza denaro e senza telefonino, vengono multati e rimproverati dai controllori perché sono saliti sul tram senza biglietto). Inganni, intimidazione psicologica, violenza e sopraffazione sono le armi dei piccoli delinquenti, verso i quali però non c'è una condanna morale da parte del regista, il cui sguardo è semmai fin troppo distaccato, quasi da documentarista. A tratti fra vittime e soverchiatori c'è anche una sorta di complicità infantile, che non può sfociare nell'amicizia soltanto perché i due mondi dai quali provengono (bianchi e neri, svedesi e immigrati, ricchi e poveri) sono separati da barriere insormontabili, anche se poi gusti e interessi coincidono. E proprio l'incapacità di integrazione sembra essere il dramma della società attuale. Un film che offre molti spunti di riflessione e che, con suo grande merito, lo fa senza gridare e senza volerne semplificare la complessità ingabbiandola in schemi artificiali e scontati, affidandosi invece a un insignificante fatto di cronaca e a piccole pennellate di vita cittadina (i pellerossa che si esibiscono in piazza prima di andare a mangiare al McDonald's, l'inserviente che pulisce i vetri in ufficio, "l'odissea" della culla abbandonata in treno).
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