Melancholia (Lars von Trier, 2011)
Melancholia (id.)
di Lars von Trier – Danimarca/Sve/Fra/Ger 2011
con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg
***1/2
Visto al cinema Colosseo, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).
L'ansia, la paura e la depressione, patologie con cui von Trier convive da tempo anche nella vita reale, ritratte attraverso le esperienze di due sorelle alle prese con situazioni quasi speculari e su ordini di grandezza ben distinti: il timore per un cambiamento personale (il matrimonio) e quello per una catastrofe universale (la fine del mondo), in un film dall'estetica curatissima e che anche per contenuti sorprende sotto diversi punti di vista. Dopo un magnifico incipit che consiste in una serie di quadri cinematografici che anticipano quello che verrà (scene notturne viste al rallenti, momenti pittorici, spettacolari immagini di pianeti in collisione) e che viene naturale paragonare alle sequenze di un'altra pellicola in concorso allo stesso Festival di Cannes, "The tree of life" (ma senza la zavorra teosofica del film di Malick), il lungometraggio si presenta nettamente diviso in due parti (peraltro con la stessa ambientazione e gli stessi personaggi). La prima è dedicata a Justine (Kirsten Dunst), che soffre di depressione, e al ricevimento del suo matrimonio con Michael (Alexander Skarsgård), organizzato con grande dispendio di risorse ed energie dalla sorella Claire (Charlotte Gainsbourg) e dal suo compagno John (Kiefer Sutherland) nella loro lussuosa tenuta di campagna. Imprevisti, ritardi (la limousine che fatica a percorrere la strada sterrata e piena di curve) e dissapori familiari fra i genitori divorziati (la madre cinica e scostante è Charlotte Rampling, il padre infantile è John Hurt) fanno da sfondo al terrore di Justine per l’inizio di nuova vita alla quale non si sente pronta o adeguata, e che la spingerà a mandare a monte tutto.
Nella seconda parte, dedicata a Claire e ispirata alle leggende urbane che circolano sul pianeta Nibiru (quello che, secondo le profezie attribuite ai Maya, dovrebbe distruggere il mondo nel 2012), scopriamo che un gigantesco pianeta blu chiamato Melancholia, in precedenza nascosto dietro il Sole, si sta dirigendo verso la Terra. Nonostante gli scienziati dichiarino che non c’è pericolo di collisione, Claire è sconvolta e si lascia prendere dal panico, mentre paradossalmente Justine riesce a mantenere la calma (Von Trier ha dichiarato di aver voluto realizzare il film proprio per mostrare come le persone che soffrono di depressione possano reagire con maggiore lucidità di altre in situazioni estreme). In un’atmosfera di attesa e di sospensione, l’enorme corpo celeste si avvicina sempre più, invadendo il cielo e le coscienze fino a un finale catastrofico di sublime bellezza. Lungo e per certi versi estenuante, il film affascina per l'insolito mix di generi e per la commistione di sensazioni che getta in pasto allo spettatore. È più lineare e meno complesso di "Antichrist", ma – specie nella seconda parte – altrettanto suggestivo. Naturalmente la storia è del tutto implausibile dal punto di vista astrofisico, ma l'intento del regista non era quello di realizzare un disaster movie realistico bensì di indagare la psiche umana di fronte alla fine del mondo. Memorabile l’accompagnamento musicale a base di Wagner, con l'ouverture di “Tristano e Isotta”, che ben si sposa con i riferimenti visivi all’arte romantica (una citazione su tutte: il dipinto “Ophelia” di John Everett Millais). Nel cast anche Stellan Skarsgård, Brady Corbet, Jesper Christensen e Udo Kier. Kirsten Dunst ha vinto a Cannes il premio per la miglior interpretazione femminile (il ruolo era stato inizialmente pensato per Penélope Cruz, che ha collaborato con il regista all'idea della storia), ma la Gainsbourg non è certo da meno.
12 commenti:
lo attendo con grande curiosità...
Io ho già voglia di rivederlo... ^^
..antichrist non mi era per niente piaciuto..cio' nonostante attendo quest'ultimo con rinnovato entusiasmo...
nickoftime
A me invece sì. Comunque questo, se ti può rassicurare, è un film abbastanza diverso. ^^
Lo aspetto con impazienza perchè per me Lars von Trier è uno dei pochissimi registi ancora in grado di stupirmi e di coinvolgermi per la sua capacità di entrare direttamente nei meandri più segreti ed indicibili della psiche, che si possono esprimere appunto solo con le immagini e non con le parole.
"Antichrist" , con il suo pianto della natura e la crudele ma inesorabile escalation di disperazione e violenza, rimane insuperabile! Certo che non tutti possono reggerlo.
Anche per me von Trier continua a essere uno dei più grandi registi in circolazione. E questo film è all'altezza della sua fama, anche se - come ho già detto - è parecchio diverso da "Antichrist" (ma ha la stessa capacità di colpire e di rimanere impresso per la bellezza delle immagini e il significato dei contenuti).
Ti prego Christian non dirmi che siamo dalle parti di Antichrist, che stavolta non sarei in grado di sopportare.
Chiaro che Von Trier è regista ostico spesso e volentieri (e grandissimo quando fa il regista e basta) e nonostante tutto, è un film che attendo di vedere con ansia, però un'altra sparata in stile Antichrist no, spero proprio di no.
No, no, come ho già scritto siamo molto distanti da "Antichrist" (non ci sono scene scabrose o scioccanti, né teorie filosofiche provocatorie). Stilisticamente però resta un von Trier purissimo, e dunque a chi di solito i suoi film non piacciono non piacerà nemmeno questo.
Finalmente è uscito nelle sale ed ho potuto vederlo.
Immagini di grande bellezza attraverso cui Lars Von Trier ci parla della coincidenza tra interno ed esterno perchè, se il nostro mpndo interno è distrutto dall'angoscia e dalla depressione, anche il modo fuori non ha più senso e le angosce apocalittiche sono non solo una proiezione dell'aggressività e dei nostri sensi di colpa rimossi: non stiamo veramente distruggendo il pianeta col nostro egoismo?
Interessante il rapporto tra le sorelle: una riedizione di Marta e Maria. Claire, attiva e pratica che organizza alla perfezione il matrimonio della sorella e la propria vita; Justine che ha la "visione interiore" e lucidamente sa andare oltre quello che vorremmo per la nostra tranquillità quotidiana. Ma in una visione non religiosa come quella del nevrotico Von Trier questo è pagato con la rinuncia alla propria vita e la fuga dal matrimonio.
Le immagini sono molto belle e piene di fascino, soprattutto quelle del giardino di notte, con il pianeta che si avvicina.
Gran parte del film si basa sulle dicotomie: fra personaggi (Claire/Justine), fra “traumi” (il matrimonio/la fine del mondo), fra modalità di reagire alla crisi (panico/calma)…
Sono molto d’accordo con una recensione comparsa qui che interpreta il film di Von Trier come metafora alchemica: Melancholia è infatti un film sulla materia e sulla potenza della materia. Per me l’immagine più potente è quella di Justine accovacciata nell’atto di liberare la propria vescica sull’erba disciplinata del campo da golf, senza distogliere lo sguardo dalla luna, come in un momento di possessione inconsapevole, in cui le sue funzioni fisiologiche, materiche e organiche le ricordassero la sua (nostra) origine stellare. Siamo fatti della stessa sostanza delle stelle, per questo Justine de-sidera il cielo, non in quanto sede dello spirito, ma come monito nostalgico della propria origine materica, fisica. Von Trier ci mette di fronte a una materia intrisa di spirito, non perché arricchita da esso, ma in quanto essa È spirito, come la luce è onda e particella al contempo. La potenza di questa immagine rivelativa sta nel fatto che il legame uomo-materia è solo accennato e suggerito; ci viene invece riproposto in un trionfo nel secondo capitolo, quando Claire sorprende la sorella nuda, sdraiata ai margini di un sentiero che riceve i raggi di Melancholia, in una condizione di semi-estasi. Viene da pensare alle immagini fortissime di Antichrist, in cui la Gainsbourg, in questo film protagonista, correva frenetica per raggiungere la radura di un bosco, presa dal desiderio impellente, fisiologico, di masturbarsi rivolta verso i raggi della luna. Anche lei una strega, ma completamente sopraffatta dalle forze dell’inconscio. Justine, invece, ce la fa: se il suo femminino profondo, che la mette in contatto con gli aspetti più terribili e carnali della realtà non le permette di reggere il mondo nella sua forma comune e visibile (matrimonio, lavoro, l’esistenza umana tout court), nel momento in cui la materia manifesta la sua potenza nella collisione fra i pianeti, la donna si sente “come a casa”, trova immediatamente il senso delle cose e riesce a reggere la realtà dell’evento: Justine “sa le cose”, perché le conosce con il corpo, attraverso un travaglio che può essere condanna o salvezza. Per questo forse, il riferimento ai tipi psicologici è un po’ riduttivo: Justine è figura limite, non una possibilità fra le tante (la madre anticonformista, la sorella “normale”, il cognato scienziato), ma al di là dei tipi.
Grazie, Eleonora, per questo commento a una pellicola complessa che ritengo – siamo a novembre e ormai si può dire – davvero essere stata "il film dell'anno". Sono d'accordo quando dici che il personaggio di Justine spicca davvero rispetto agli altri, perché va "oltre" le categorie.
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