Il ragazzo con la bicicletta (J. e L. Dardenne, 2011)
Il ragazzo con la bicicletta (Le gamin au vélo)
di Jean-Pierre e Luc Dardenne – Belgio 2011
con Thomas Doret, Cécile De France
**1/2
Visto al cinema Arlecchino, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).
Il piccolo Cyril, abbandonato dal padre e ospite di un centro di accoglienza, va all'ostinata ricerca del genitore con la sua bicicletta: quando si rende conto che l’uomo non intende riprenderlo con sé, accetta l’affetto di Samantha, una gentile parrucchiera che si offre di dargli una nuova famiglia: al posto del padre, troverà così una madre. Ma la frequentazione di cattive compagnie rischierà di portarlo sulla cattiva strada. Una pellicola carina, di impianto neorealista e dai toni quasi fiabeschi, anche se un po’ inconcludente e con alcuni passaggi forzati (come quando il compagno di Samantha le impone di scegliere fra lui e il bambino): decisamente meglio la prima parte, quella della ricerca del padre, rispetto alla seconda, quella del tentativo di rapina. La mancanza di un finale tragico (quando tutto ormai lasciava crederlo) sembra quasi un regalo che i registi hanno voluto fare in extremis agli spettatori. Bravo il piccolo attore Thomas Doret (Cyril, a ben vedere, potrebbe benissimo essere il bebè de "L'enfant" ormai cresciuto: non a caso il padre è interpretato da Jérémie Renier, già protagonista del film precedente), mentre Cécile De France si era vista in “Hereafter” di Clint Eastwood. Lo scarno commento musicale è composto esclusivamente da poche battute del secondo movimento del concerto n. 5 per piano e orchestra di Beethoven, che solo nei titoli di coda si dispiegano più a lungo.
6 commenti:
Probabilmente per la prima volta, il viaggio dei Dardenne nel dolore e nella disperazione termina la sua corsa nei paraggi di una timida speranza, che si nota anche nella descrizione dei luoghi, non più plumbei e ovattati ma vocianti e leggermente assolati come può essere un'estate di Liegi.
Come al solito la mdp tallona il giovane protagonista, ne cattura il respiro (i primi dieci minuti sono girati - magnificamente - ad altezza bambino e i volti degli adulti sono fuori dallo schermo), lo imprigiona nel suo rannicchiarsi, asseconda lo sforzo della corsa e l'ansia del colpo di pedale, fa esplodere la disperazione di una realtà inaccetabile e la rabbia della manifesta verità.
Per me i Dardenne restano ai vertici del cinema europeo.
Sì, è un film dai toni più leggeri rispetto a quelli precedenti dei due fratelli (che però, devo confessare, non mi hanno mai esaltato troppo, anche se comunque apprezzo e seguo volentieri il loro cinema).
Tu magari non sarai un estimatore convinto dei fratelli, però la tua non è la prima recensione che leggo che mostra un po' di delusione sul loro ultimo lavoro.
Lo vedrò presto e ti farò sapere, da accanito ammiratore dei Dardenne quale sono.
Comunque mi è piaciuto più del precedente "Il matrimonio di Lorna", che secondo me si perdeva nel finale. Questo è forse un film minore come ambizione, però abbastanza gradevole.
Non sono d'accordo. Non si tratta di un film con "minor ambizione" si tratta del solito (grandissimo) cinema dei Dardenne, tra i pochi cineasti capaci di raccontare la realtà credibile attraverso il cinema. Essenzialità della trama, intensità delle situazioni, ennesima variazione sul tema della giovinezza, sembrerebbe che non ci sia nulla di nuovo per chi conosce la storia cinematografica dei fratelli di Vallonia, che ancora una volta feriscono con il loro stile gelido e conquistano l'anima dello spettatore grazie ad una descrizione sempre corposa e mai patetica di una realtà avversa nei confronti dei più deboli, che con lo scorrere della pellicola diventa, come sempre poesia amara.
Intendevo con minore ambizione rispetto a "Il matrimonio di Lorna". Comunque, finora il film dei Dardenne che mi è piaciuto di più è stato "La promesse".
Posta un commento