4 giugno 2011

I bassifondi (Akira Kurosawa, 1957)

I bassifondi (Donzoko)
di Akira Kurosawa – Giappone 1957
con Bokuzen Hidari, Toshiro Mifune
***1/2

Visto in DVD.

In una fatiscente baracca-dormitorio presso una discarica, di proprietà dell'avido ricettatore Rokubei (Garyiro Nakamura) e della sua intrigante moglie Osugi (Isuzu Yamada), vive un nutrito e variopinto gruppo di poveri, derelitti ed emarginati dalla società: fra questi, il fabbro Tomekichi (Eijiro Tono), che trascura la moglie Asa (Eiko Miyoshi), gravemente malata; il "Principe" (Minoru Chiaki), sedicente ex samurai caduto in disgrazia; un anziano attore alcolizzato (Kamatari Fujiwara), che rimpiange i tempi in cui calcava le scene; la prostituta Osen (Akemi Negishi), perduta in vane illusioni romantiche; l'ex carcerato Yoshisaburo (Koji Mitsui), ora cinico giocatore d'azzardo; la candeliera Otaki (Nijiko Kiyokawa), che vede la sua merce al mercato rionale; e soprattutto il ladro Sutekichi (Toshiro Mifune), amante della padrona di casa (che cerca addirittura di convincerlo ad ammazzare l'anziano consorte) ma in realtà innamorato della sorella minore della donna, l'onesta Okayo (Kyoko Kagawa), perennemente sfruttata e maltrattata dai crudeli parenti. L'arrivo di un misterioso viandante, un vecchio senza nome che si stabilisce per breve tempo nella baracca, recherà momentaneamente sollievo alle sofferenze fisiche e psicologiche di tutti: l'uomo, nel ruolo di confidente, filosofo, ascoltatore e dispensatore di pillole di saggezza, riuscirà a stimolare improbabili sogni di riscatto e di evasione, anche elargendo bugie pietose a chi ha bisogno disperatamente di un sostegno. "Quel vecchio capiva tutto, vedeva dentro le persone", diranno di lui. Ma dopo la sua partenza, il tragico incedere degli eventi riporterà lo sconforto fra gli abitanti del dormitorio. Kurosawa rilegge il dramma realista di Gorkij (da noi noto anche come "L'albergo dei poveri") collocandolo nel Giappone dell'epoca Edo, spogliandolo di ogni accenno di protesta sociale e leggendolo in chiave puramente esistenzialista. Utilizzando praticamente due soli ambienti (il dormitorio e il cortiletto adiacente), e dunque senza rinnegare l'origine teatrale del testo originale, il regista nipponico realizza un desolante affresco sulla "condizione umana", empatizzando con tutti i suoi personaggi ma evitando eccessi di retorica, patetismo e giudizi morali. L'attenzione alla psicologia dei singoli personaggi, anche di quelli minori (cosa che mancava, invece, nella versione del dramma girata da Jean Renoir nel 1936) rende il film un piccolo capolavoro corale, con inaspettati momenti comici che trasfigurano il melodramma in una "tragicommedia dell'assurdo". Memorabili, per esempio, i canti e il balletto che gli ospiti del dormitorio improvvisano mentre bevono sakè o giocano a carte. Grande il cast: fra gli interpreti spicca l'anziano comico Bokuzen Hidari (che era stato il contadino Yohei ne "I sette samurai") nel panni del vecchio viandante. Da notare che si tratta dell'ultimo film di Kurosawa girato nel formato Academy (ovvero in 4:3): dal successivo "La fortezza nascosta", il regista passerà al Cinemascope. L'attenzione verso le fasce più povere ed emarginate della popolazione, peraltro già presente in gran parte delle sue opere precedenti, verrà posta da Kurosawa anche in due film successivi, "Barbarossa" e "Dodes'ka-den", che alcuni critici hanno accumunato a questo in un'ideale "trilogia della miseria".

4 commenti:

marco c. ha detto...

Mi manca anche questo. Ma a giudicare dalla mole dei commenti non i molti hanno visto il "Kurosawa minore"! Non bene, da recuperare.

Christian ha detto...

Anche questo, secondo me, è tutt'altro che un'opera minore (forse in Kurosawa non esistono opere minori, a parte alcuni film degli esordi...). Ma è vero che è ingiustamente uno dei suoi lavori meno conosciuti qui in occidente. Forse perché, assieme a "Dersu Uzala" e "L'idiota", è il suo film dall'anima più "russa".

marco c. ha detto...

Dersu Uzala però era brutto. Si salvava la trovata della tigre, ma il resto l'ho trovato un po' insipido. Poteva sviluppare con maggiore originalità l'idea del selvaggio estraniato dal suo ambiente naturale.
Lo script lasciava a desiderare, magari poteva allargare la maledizione della tigre morente, tirare fuori qualche colpo di scena in stile "testa-mozzata-del-dio-cervo-in-mononoke". Devo ricordarmi che questo è un blog serio e proporre meno divagazioni fuori luogo:D Cmq, la parte russa dei suoi lavori non gode di grandi favori tra la critica ufficiale, anche per questo non ho visto molto.

Christian ha detto...

No, dai, “Dersu” è un bel film. Ammetto che anch’io, all’inizio, ho faticato a farmelo piacere, visti i toni così diversi rispetto agli altri lavori di Kurosawa (è il suo primo film non giapponese, e di fatto è come se fosse un nuovo “debutto” dopo il tentato suicidio), ma ha parecchi momenti belli. Comunque a tempo debito ne scriverò.

Secondo me, dei tre film “russi” citati, quello meno convincente è “L’idiota” (anche perché i produttori l’hanno massacrato in fase di montaggio, tagliandone quasi metà).