23 febbraio 2010

The birdcage inn (Kim Ki-duk, 1998)

The birdcage inn (Paran daemun)
di Kim Ki-duk – Corea del Sud 1998
con Lee Ji-eun, Lee Hae-eun
***

Rivisto in divx, in originale con sottotitoli.

La giovane Jin-ah, bella e dall'aria fragile, si trasferisce a vivere in una locanda sul mare, una sorta di bordello clandestino, dove si prostituisce per i clienti che chiedono una stanza. Qui è vista con ostilità da Hye-mi, sua coetanea e figlia dei proprietari, che la disprezza e le nega con ostinazione ogni parvenza di amicizia, vergognandosi dell'attività della propria famiglia e cercando orgogliosamente di condurre invece una vita "normale". Ma alla fine, come due animaletti rinchiusi insieme nella stessa gabbia (che si tratti di uccelli, come suggerisce il titolo internazionale – quello originale significa invece "Il cancello blu", dal nome della porta d'accesso alla locanda – o di pesci rossi, come quelli che Jin-ah – e prima di lei la ragazza che l'aveva preceduta – custodisce nella sua stanza), riusciranno non senza fatica a entrare in contatto e a stabilire un legame profondo. La pellicola si apre sull'immagine di una tartarughina che attraversa la strada, rischiando di essere calpestata dai passanti e dalle automobili: a raccoglierla e a portarla sulla spiaggia, in mare, è proprio Jin-ah, che si dimostra da subito una persona sensibile e piena di empatia verso gli altri: di lei e del suo passato non sapremo quasi nulla, tanto meno cosa l'ha spinta a diventare una prostituta, ma scopriremo che ama l'arte (disegna ritratti, come molti personaggi nei primi film di Kim) ed è perseguitata da un ragazzo che non perde occasione per sfruttarla e maltrattarla. La pellicola racconta soprattutto i suoi rapporti con i quattro membri della famiglia che la ospita: il padre, un uomo corpulento e taciturno, con trascorsi legati alla malavita ma tuttora rispettato dai poliziotti del quartiere, che spesso "chiudono un occhio" sulla sua attività illegale; la madre, vero fulcro della famiglia e gestore della locanda; il figlio minore, aspirante fotografo e interessato voyeur; e soprattutto la figlia maggiore, studentessa universitaria alle prese con qualche problema legato alla sua sessualità. Terzo film di Kim Ki-duk, è sicuramente uno dei miei preferiti: puro e cristallino, duro e crudele, dal soggetto semplice ma pieno di vita e con una profonda caratterizzazione dei personaggi. Peccato che il regista coreano sembri recentemente aver perso la capacità di girare pellicole come questa, dove la poesia non è fine a sé stessa ma sgorga con naturalezza dal mondo turbolento che circonda i personaggi.

10 commenti:

Giuliano ha detto...

Un commento molto bello. Questa è una delle cose che mi hanno colpito di Kim, fin dall'inizio: il grande rispetto verso il prossimo. Tutte le persone che vediamo nei film, soprattutto gli umili, i disprezzati, sono trattati con grande rispetto: in questo mi sembra a momenti di rileggere Dostoevskij (pensa ai personaggi "minori" di Delitto e castigo...). E' una cosa che capiscono in pochi, purtroppo.

Non ho visto questo film, mi manca; però ho visto gli altri e mi fido. Come sai, il mio giudizio sugli ultimi film di Kim è diverso dal tuo, ma questo non mi sembra importante. Importante è saper riconoscere un autore fuori dal comune.

Christian ha detto...

Lo sguardo di Kim verso i suoi personaggi è sempre molto attento e curioso, come quello di un documentarista che vuole riprendere animali selvatici nel loro habitat senza far loro del male e, al tempo stesso, senza celare i lati più controversi del loro comportamento: non a caso in questi suoi primi lavori i parallelismi fra i protagonisti e gli animali abbondano (dal coccodrillo di "Crocodile" ai pesci de "L'isola").

Comunque sia, è indubbio che i suoi film puntano molto sulle persone, sui loro sentimenti (non sempre e non necessariamente positivi: anche gelosia, invidia, violenza e sopraffazione) e sul loro rapporto con la natura che li circonda.

Purtroppo questo è uno dei suo film di più difficile reperibilità (anche se è passato su qualche canale satellitare italiano), ma sono sicuro che se lo vedrai ti piacerà.

missila ha detto...

Concordo in pieno sul commento di Christian: il saper descrivere il mondo dei personaggi senza filtrarlo e senza moralismi ha permesso a Kim di dirigere dei film stupendi; poi da Time e Soffio fino al quasi inguardabile ultimo Dream è stato un vorticoso scadere in un manierismo fine a sè stesso, quasi un esercizio di stile. Questa pellicole sono esteticamente bellissime , ma non vanno a fondo come Bad Guy o La Samaritana. Spero ritorni presto ai suoi standard, credo che potrebbe offrirci ancora dei film siblimi.

Missile

Christian ha detto...

Ciao Missile, purtroppo concordo con te sui suoi ultimi film (anche se "Dream" non l'ho ancora visto). Questi suoi primi lavori sono magari più grezzi, ma ci vedo molta più vitalità...

Giuliano ha detto...

Posso dire una cosa, solo come suggerimento? Attenzione ai giudizi, in questi casi conta molto anche l'età. Se non ho capito male, io sono più vicino a Kim, come età, rispetto a voi; a me è capitato con Fellini, certi suoi film non li avevo mai capiti fino a che non sono arrivato all'età che aveva lui quando li ha girati (penso soprattutto a Otto e mezzo e a La dolce vita, vere sorprese quando li ho rivisti a 30-35 anni...).
Ovviamente, è un suggerimento che si può anche prendere e buttare via!
:-)
PS: Già che ci sono suggerisco anche un libro molto bello: "Aure" di Elemire Zolla.

Christian ha detto...

Non so se col tempo rivaluterò gli ultimi film di Kim. Però è vero che certi film (come certi libri) si apprezzano di più dopo una certa età o comunque dopo averne visti (o letti) tanti. Anche per questo motivo mi piace rivedere film già visti, soprattutto se sono di grandi registi, anche se alla prima visione non mi erano piaciuti.

Di Zolla, che pure mi interessa, finora ho letto soltanto la (non eccelsa) introduzione al "Signore degli anelli"... :-(

Missile ha detto...

@Giuliano : ti assicuro che anche io ho una "certa età", e ho visto tutti i film (o quasi) di Kim, e credo che quanto dici non sia giusto: Kim colpisce dritto e quando non ci riesce lo capisci subito, l'età e le rivisitazioni c'entrano poco. Dream è un film sconcertante, il punto più basso di una discesa che durava da un po'. Ma Kim è un grandissimo (uno dei miei preferiti) e quindi sono fiducioso :)

Missile

Giuliano ha detto...

@Missile: il punto è che Kim usa moltissimo i simboli, il pensiero simbolico è la caratteristica del nostro inconscio. Quando ho visto "L'isola" sono rimasto a bocca aperta: quel lago di acque ferme, la pesca...Però qui ci vorrebbe Marisa, per parlarne a dovere.
Anche nella "Samaritana", penso che il vero punto di partenza del film non sia la denuncia sociale (che è certamente importante).

Però i pareri personali rimangono pareri personali...Con gli autori veri e importanti, le chiavi di lettura sono molte e diverse.
E' il motivo per cui cerchiamo questi autori e non ci accontentiamo di quel che passa la tv...
:-)

Christian ha detto...

Sui vecchi film di Kim (come appunto “L’isola”, che – a proposito di ri-visioni – ho appena rivisto e mi è piaciuto molto di più della prima volta, quando comunque mi aveva già colpito), direi che siamo perfettamente d’accordo, e anche sull’importanza dei simboli. ^^

Missile ha detto...

@Giuliano : ovvio che di pareri personali si tratta, ci mancherebbe, è il bello del cinema :) E' vero che Kim usa molto le immagini come simboli, però, almeno a me, le sue immagini colpiscono profondamente all'istante, quindi possiede un suo impatto subitaneo. Tu citi La Samaritana che credo sia l'unico film in cui Kim fa il moralista (non nel senso bacchettone del termine)e ci riesce con quella sequenza finale altamente simbolica che colpisce fino a ferire.

@Christian : L'isola, insieme a Bad Guy, è sicuramente uno dei film più feroci di Kim, caratteristica che ha perso col tempo pur donando film magnifici (Primaver, Estate....) fino ad arrivare a lavori francamente deludenti.

Missile