3 febbraio 2010

Kids return (Takeshi Kitano, 1996)

Kids return (id.)
di Takeshi Kitano – Giappone 1996
con Masanobu Ando, Ken Kaneko
***

Rivisto in VHS, in originale con sottotitoli.

Nel film che segna il suo ritorno (il titolo è programmatico!) dopo il terribile incidente in moto nel quale aveva rischiato di perdere la vita, Takeshi Kitano si limita a rimanere dietro la macchina da presa e racconta la parabola – prima ascendente e poi discendente – di due ragazzi sbandati e in cerca di riscatto. Masaru e Shinji, studenti dell'ultimo anno di liceo, sono ben poco interessati allo studio e preferiscono bighellonare in bicicletta, fare scherzi ai professori (esilarante il manichino, costruito con una scopa e una torcia elettrica, che rappresenta uno degli insegnanti con il pene eretto) e "taglieggiare" i compagni di classe. Shinji proverà a intraprendere la carriera di pugile, rivelando un discreto talento per la boxe: ma le sue prospettive di diventare un campione si infrangeranno per colpa di una vita sregolata (alcool, fumo, pillole per dimagrire). Masaru entra invece in una gang di yakuza, ma anche a lui andrà male: la sua impulsività e il suo carattere ribelle gli attireranno le antipatie dei "colleghi", che lo puniranno severamente. Alla fine (come già la scena iniziale della pellicola ci aveva anticipato) i due ragazzi si ritroveranno scornati e al punto di partenza, a scorrazzare in bici nel cortile della scuola; eppure, a Shinji che chiede "Siamo finiti, vero?", Masaru risponde con sfrontato ottimismo: "Idiota, non abbiamo neanche cominciato!". A metà fra il film sportivo e il racconto di formazione, "Kids return" è la pellicola più "realistica" di Kitano, non solo per lo stile e la messa in scena quasi mainstream ma anche per la mancanza di quell'astrattezza, di quella poesia e di quella catarsi che caratterizzano le altre sue opere (ed ecco perché il paragone con "Il silenzio sul mare", il titolo kitaniano più affine a questo, regge solo fino a un certo punto). Probabilmente semi-autobiografica, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Shinji, la sceneggiatura segue i suoi protagonisti con affetto, sottolineandone crudelmente gli errori: troppa iniziativa per Masaru (che si "perde" quando vuole strafare), troppo poca per Shinji (che segue ogni consiglio altrui, non importa se buono o cattivo). Il Giappone ritratto da Kitano "non è un paese per giovani", come dimostra l'atteggiamento degli adulti nei loro confronti: dagli insegnanti (che rinunciano già in partenza a educare i due studenti, invitandoli anzi a più riprese a non frequentare nemmeno le lezioni) alle figure che dovrebbero guidarli nelle rispettive "professioni" (i vecchi boss yakuza che preferiscono parlare di golf piuttosto che pensare a vendicare un loro uomo ucciso, il sempai nella palestra che conduce Shinji sulla cattiva strada). Ancora più che i due protagonisti, ne fanno le spese altri personaggi marginali della storia, come il timido compagno di classe che corteggia la cameriera di un bar e che, diventato prima venditore e poi tassista, morirà uscendo di strada con la sua macchina quando sarà costretto a fare troppi straordinari; gli altri tre teppistelli della scuola, destinati a continui fallimenti e umiliazioni; o ancora i due aspiranti cabarettisti, che finiranno a esibirsi in pietosi spettacoli di manzai (il genere comico con il quale lo stesso Kitano si è fatto le ossa). La colonna sonora di Joe Hisaishi è una delle mie preferite.

0 commenti: