Il settimo viaggio di Sinbad (N. Juran, 1958)
Il settimo viaggio di Sinbad (The 7th Voyage of Sinbad)
di Nathan Juran – USA 1958
con Kerwin Mathews, Torin Thatcher, Kathryn Grant
**1/2
Visto in divx.
La graziosa principessa Parisa, promessa sposa di Sinbad, è stata rimpicciolita dal perfido mago Sokurah: per farla tornare alle sue dimensioni originali, il coraggioso eroe è costretto a recarsi su un'isola abitata da mostruosi e colossali ciclopi. Liberamente ispirato ai racconti de "Le mille e una notte" (ci sono lampade magiche con tanto di genio, giganteschi uccelli Roc e diversi altri mostri o incantesimi), questo film d'avventura è uno dei migliori esempi dell'arte del grande animatore Ray Harryhausen, alla sua prima pellicola a colori, che dà vita a tutta una serie di mostri (oltre al ciclope spiccano una magnifica donna-serpente e un gigantesco drago incatenato a guardia del castello del mago) e di effetti speciali (la principessa miniaturizzata, le lisergiche apparizioni del genio, Sinbad che combatte contro uno scheletro in una scena che verrà poi sviluppata e ampliata ne "Gli argonauti") che, pur nella loro irrealisticità (peraltro voluta: lo scopo era quello di meravigliare lo spettatore, non di confondergli le idee), strappano ammirazione e meraviglia. Diversi episodi sembrano richiamare le avventure di Ulisse (i ciclopi, la necessità di tapparsi le orecchie per non sentire il richiamo dei demoni che fanno naufragare le navi), mentre con ogni probabilità la pellicola ha costituito una notevole fonte di divertimento e di ispirazione per il giovane Peter Jackson (che si è ricordato dell'aspetto visivo delle grotte sotterranee, dei ponti di pietra, della lampada che precipita nel fiume di lava, e dell'isola popolata di mostri al momento di girare "Il Signore degli Anelli" e "King Kong"). Nel complesso il film è sicuramente uno dei più piacevoli del suo genere, forse ingenuo ma dal ritmo serrato e senza tempi morti, divertente anche perché non pretenzioso nonostante le notevoli ambizioni dal punto di vista tecnico. Buona anche la colonna sonora di Bernard Herrmann. La parte ambientata a Bagdad, con i suoi colori da favola, mi ha ricordato a tratti il quasi contemporaneo dittico indiano di Fritz Lang (anche la scena in cui il mago si esibisce davanti al vizir lanciando un incantesimo sulla dama di compagnia della principessa è simile a quella analoga con il fachiro che si vedrà ne "La tigre di Eschnapur").
2 commenti:
Harryhausen rimarrà un mio mito per tutta la vita.
I suoi effetti artigianali resteranno nella storia del cinema, anche se oggi - abituati come siamo alla grafica al computer, al 3D e a mille altre tecnologie - possono risultare un po' datati. Ma quello che non perderanno mai è il senso del meraviglioso e del fantastico che riuscivano a trasmettere!
Ho appena rivisto anche "L'isola misteriosa", un altro film magnifico!
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