24 aprile 2009

L'imperatrice Caterina (J. von Sternberg, 1934)

L'imperatrice Caterina (The scarlet empress)
di Josef von Sternberg – USA 1934
con Marlene Dietrich, John Lodge
***

Visto in divx, con Marisa.

All'interno della vasta filmografia dedicata a sovrane e imperatrici (da "La regina Cristina" con Greta Garbo alle recenti pellicole su Elisabetta I con Cate Blanchett), questo film è uno dei più celebrati, e a ragione. La storia comincia quando la giovane principessa prussiana Sofia Federica viene inviata dai genitori in Russia, dove sposerà il futuro zar Pietro III e assumerà il nuovo nome di Caterina II. L'autoritarismo dell'imperatrice madre Elisabetta, la pazzia del marito e gli intrighi della corte russa la trasformeranno da fanciulla ingenua, semplice e innocente, piena di sogni romantici, in una cinica manipolatrice che lotta per la propria sopravvivenza e contemporaneamente per conquistare il potere, portando dalla propria parte l'esercito (fra le cui file si procura numerosi amanti, come il conte Alexei e il capitano Orlov), il clero e il popolo. La pellicola si conclude con la deposizione del folle e crudele Pietro e l'ascesa al trono di Caterina la Grande, destinata a regnare a lungo e a trasformare la Russia in una delle maggiori potenze europee. Liberamente adattato dai diari dell'imperatrice stessa, è un film strabordante, stilizzato e monumentale, dove le vere protagoniste sono le scenografie deliranti ed espressioniste: la reggia di Mosca è infatti sontuosa e barocca, dominata da statue lignee grottesche e inquietanti, da immagini di torture e di scheletri appesi alle pareti, da candele accese che proiettano ombre guizzanti, da porte così pesanti da richiedere una decina di persone per essere aperte, e da saloni cupi e angoscianti come quelli di un castello di vampiri in un film horror. In mezzo a tutto questo, i personaggi sembrano come schiacciati da un destino che pare già scritto e che li plasma secondo la propria volontà (solo così si può spiegare la repentina metamorfosi della protagonista). La colonna sonora prende in prestito numerosi temi da Tchaikovsky (soprattutto dall'ouverture "1812" e dalla Danza slava) ma anche da Mendelssohn e da Wagner; la fotografia, cupa e luminosa al tempo stesso, è perfetta nel rendere l'atmosfera di un paese dove regnano "l'ignoranza, la violenza, la paura e l'oppressione" (come recita una didascalia introduttiva); la produzione è imponente (nei titoli di testa si cita la presenza di oltre "mille comparse"); la Dietrich brilla di luce propria e von Sternberg non nasconde la propria venerazione per la sua attrice, alla bellezza della quale rende giustizia in ogni possibile inquadratura. In un film del genere, naturalmente, la fedeltà alla ricostruzione storica ha poco spazio e ancor meno importanza. La scena in cui Pietro schiaffeggia il prete che chiede la carità, il quale risponde "Questo era per me. E per i poveri?", fa riferimento a un episodio che sarebbe accaduto a San Filippo Neri.

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