2 settembre 2008

Triangle (Tsui Hark, Ringo Lam, Johnnie To, 2007)

Triangle (Tie saam gok)
di Tsui Hark, Ringo Lam, Johnnie To – Hong Kong 2007
con Simon Yam, Louis Koo, Sun Honglei
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.

Curioso esperimento, questa pellicola realizzata a sei mani: non si tratta di un film a episodi, bensì di un lungometraggio in cui ciascun regista ha a propria disposizione trenta minuti e deve proseguire la vicenda (lavorando in tutta autonomia con la propria troupe e i propri sceneggiatori) dal punto in cui è stata interrotta dal collega precedente, mantenendo naturalmente gli stessi attori e la stessa ambientazione. Tsui Hark, responsabile della parte iniziale, ha il compito di presentare i personaggi e di mettere in moto la storia; Ringo Lam, cui tocca il segmento centrale, porta avanti la pellicola e la lascia con un cliffhanger; Johnnie To (la cui casa di produzione Milkyway è alla base del progetto) la conclude alla sua maniera. Naturalmente lo stile, il mood, le atmosfere e persino le caratterizzazioni dei protagonisti variano sensibilmente al passaggio della macchina da presa da una mano all'altra, al punto da lasciare alla fine quasi l'impressione di aver visto tre film diversi. Il risultato comunque non è spiacevole: vuoi per la novità dell'operazione, vuoi per il valore qualitativo che i tre registi, in ogni caso, riescono a garantire.

Nel segmento di Tsui Hark facciamo la conoscenza con Sam (un impiegato in difficoltà finanziarie), Fai (un giovane tassista che frequenta gli ambienti della malavita) e Mok (un misterioso antiquario): imbeccati da uno strano individuo incontrato in un bar, i tre amici scoprono un antico tesoro ma faticano a fidarsi l'uno dell'altro (bella la scena in cui si fotografano a vicenda con i cellulari). Nel frattempo la moglie di Sam rivela al suo amante, il poliziotto Wen, che il marito sta tentando di ucciderla. La fotografia è oscura e notturna, i dialoghi rapidi, la carne al fuoco molta e i personaggi ambigui e misteriosi a sufficienza da permettere ai registi successivi, se lo vogliono, di ampliarne o di modificarne il background. Ed è infatti quello che succede.
Nel segmento di Ringo Lam, il più tradizionale dal punto di vista cinematografico, i personaggi agiscono maggiormente alla luce del sole. I riflettori si spostano decisamente su Sam (interpretato da Simon Yam), che acquista una personalità più vigorosa e decisa. Scopriamo che sua moglie Ling è una paranoica: né la sua gravidanza, né i tradimenti del marito né tantomeno i suoi tentativi di ucciderla erano reali. Il subdolo Wen, approfittando della situazione, si impossessa del tesoro e fugge per la campagna, mentre i tre protagonisti si lanciano al suo inseguimento.
Johnnie To si rivela subito il più "autore" dei tre registi, nel bene e nel male: gli bastano pochi minuti per risolvere alcune delle situazioni lasciate in sospeso da Lam, scegliendo bellamente di ignorarne altre. Fra tocchi surreali (vedi l'ingresso in scena di Lam Suet) e un'ambientazione sospesa e fuori dal mondo (quasi una parodia di "Dragon Inn"), conduce il film verso strade inaspettate ed è sicuramente il più attento al lato cinematografico dell'operazione, a scapito magari della caratterizzazione dei singoli personaggi: ma in fondo l'aspetto interessante del film consiste proprio nelle sue differenze e contraddizioni interne, altrimenti l'intero esperimento non avrebbe avuto senso. Per citare il mio amico Ernesto, "tre registi che girano a partire da un'unica sceneggiatura, pensata in anticipo, fondamentalmente rischiano di fare come i registi di seconda o terza unità, quelli che lavorano quando il regista principale è occupato altrove seguendo pedissequamente le sue direttive. Mentre in questo caso dovevano anche scrivere la storia, con i propri sceneggiatori, e questo da una parte crea una specie di slegatura, ma dall'altra è proprio il bello di un lavoro del genere".

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