24 settembre 2008

Sono nato, ma... (Yasujiro Ozu, 1932)

Sono nato, ma... (Umarete wa mita keredo)
di Yasujiro Ozu – Giappone 1932
con Tomio Aoki, Hideo Sugawara
***1/2

Rivisto in DVD (registrato da "Fuori Orario").

Una famiglia (padre, madre e due figli piccoli) si trasferisce dal centro città in periferia: in questo modo il genitore potrà abitare vicino al suo capufficio e frequentarlo più facilmente, favorendo così la propria carriera. I due figli faticano inizialmente ad adattarsi al nuovo ambiente e si "scontrano" ripetutamente con i ragazzini del vicinato, finendo però per diventarne i leader riconosciuti. Ma le dinamiche e i rapporti di forza fra i bambini, seppur ignote e "invisibili" agli adulti, si rispecchiano in quelle fra i loro genitori. Quando i due bimbi assistono alla proiezione di un film amatoriale nel quale il padre si comporta da buffone per compiacere il direttore, perdono ogni fiducia in lui e ne disconoscono l'autorità. Per ribellione iniziano uno sciopero della fame, che però sarà destinato a concludersi rapidamente. Una volta accettato il fatto che il padre "non è un uomo così importante", si consolano dominando a loro volta il figlio del direttore. Forse il primo vero capolavoro di Ozu, è il film con cui inizia una fase della sua carriera contraddistinta da un maggior riscontro da parte della critica giapponese (che gli attribuirà ripetutamente premi e riconoscimenti) e soprattutto dalla progressiva semplificazione della tecnica cinematografica, che si farà sempre più minimalista ed essenziale. Gia qui, per esempio, scompaiono dissolvenze e rapide transizioni da una scena all'altra, anche se rimangono i movimenti di macchina (fra cui quello, eccezionale, che segue gli impiegati che sbadigliano: quando uno di essi rimane impassibile, la macchina da presa torna indietro, aspetta che sbadigli anche lui e poi riprende la carrellata!). La pellicola, molti dei cui temi torneranno nei film successivi (in particolare in "Buon giorno"), è quasi divisa in due parti: la prima, del tutto comica, vede i due bambini interagire quasi esclusivamente con i loro coetanei; la seconda, più drammatica, è invece incentrata sul rapporto con il padre (interpretato da Tatsuo Saito). In entrambe, comunque, lo sviluppo delle gerarchie sociali svolge un ruolo fondamentale: i bambini, che tanto hanno faticato per prendere il sopravvento sui loro compagni (esilarante il rito della "morte e resurrezione" imposta con le mani), non capiscono perché il padre accetti di sottomettersi agli altri senza lottare. Davvero ottimi i piccoli attori (ma bravo anche il regista a dirigerli con tale efficacia e spontaneità), uno dei quali è il Tomio Aoki/Tokkan Kozo già visto in "Un bambino che non si ferma mai". Curiosamente le didascalie della versione italiana che ho visto, che comprendeva una colonna sonora realizzata ad hoc da Gino Peguri, non erano sottotitolate ma lette ad alta voce da un narratore, come si usava in Giappone all'epoca dei benshi.

0 commenti: