Arrivederci amore ciao (M. Soavi, 2006)
Arrivederci amore ciao
di Michele Soavi – Italia 2006
con Alessio Boni, Michele Placido, Alina Nadelea
**1/2
Visto al cinema Eliseo.
Dopo un'annata cinematografica fra le più deludenti che io ricordi, ultimamente tutti i film che sto vedendo al cinema mi stanno piacendo molto. Sarà l'effetto della primavera?
"Arrivederci amore ciao" è per certi versi sorprendente. Dopo che negli ultimi dieci anni aveva realizzato soltanto fiction televisive, Soavi dimostra di essere ancora un regista capace e coraggioso. Con questa pellicola, solo in apparenza un thriller poliziesco, dà vita a una storia dura, violenta, cinica e amara, che difficilmente avrebbe potuto essere raccontata dalla TV italiana, così perbenista e consolatoria. Il protagonista, un ottimo Alessio Boni (così diverso qui rispetto a "La meglio gioventù"!), è un personaggio completamente negativo e amorale, un ex terrorista e guerrigliero che non dimostra attaccamento né per le cause per cui combatte né per compagni e amici, tradendoli tutti alla prima opportunità (sin dalla prima scena del film) e sfruttando ogni occasione per far soldi, salvare la pelle e andare avanti per la propria strada verso una quanto mai ironica "riabilitazione" sociale e giudiziaria. In un mondo spietato che si divide in carogne (in prima fila poliziotti e politici corrotti, che ne escono anche peggio dei criminali) e vittime (soprattutto le donne: il film è decisamente misogino), il protagonista lotta per restare a galla mentre tutti quelli attorno a lui cadono come mosche (comprese le mosche!). E anche il film riesce a mantenersi lucido e coerente, senza i virtuosismi videoclippari che penalizzano molti giovani registi, senza cedimenti narrativi o concessioni alla soluzione più facile. A costo di scandalizzare qualche spettatore, quando partono i titoli di coda, per l'assenza di una "resa dei conti" che in un certo senso ci si attendeva da un momento all'altro ma che avrebbe annacquato la forza della vicenda. Comunque la sceneggiatura non è una semplice sequenza di nefandezze: Soavi, che ha adattato il romanzo di Massimo Carlotto, cerca di scavare nell'animo di un personaggio il cui desiderio, in fin dei conti, è quello di rifarsi una vita "pulita" e "onesta" con ogni mezzo, né più né meno del Viggo Mortensen di "A history of violence". E che se sembra non provare rimorsi di coscienza, quanto meno è tormentato dai fantasmi del passato e da quello che poteva essere e non è stato, come dimostrano la sequenza del sogno e le molteplici scene in cui ascolta la canzone che dà il titolo al film.
Nota: cosa strana per una pellicola italiana, ne esiste anche una versione a fumetti (in realtà anch'essa è un adattamento del libro di Carlotto), che però non ho letto. Sceneggiata da Luca Crovi e disegnata da Andrea Mutti, è stata pubblicata dalle edizioni BD. Un altro parallelismo con "A history of violence", visto che quest'ultimo era tratto da una graphic novel?
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