13 febbraio 2022

Il potere del cane (Jane Campion, 2021)

Il potere del cane (The power of the dog)
di Jane Campion – GB/Australia/NZ/Canada 2021
con Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst
**1/2

Visto in TV (Netflix).

Montana, 1925: quando suo fratello George (Jesse Plemons) si sposa con Rose (Kirsten Dunst), locandiera vedova con un figlio studioso e delicato (Kodi Smit-McPhee), il ranchero Phil (Benedict Cumberbatch) fa di tutto per rendere loro la vita difficile con il suo atteggiamento aggressivo, rozzo e scostante, apparentemente infastidito soprattutto dai modi gentili ed effemminati del ragazzo. Ma forse c'è qualcosa di più, e il rapporto fra Phil e il giovane Peter riecheggia in qualche modo quello fra l'uomo e il suo mentore di un tempo, l'enigmatico Bronco Henry... Da un romanzo di Thomas Savage, una pellicola che si svolge sul filo dell'ambiguità dei sentimenti, mai esplicitati fino in fondo oppure nascosti sotto la patina dei ruoli e delle maschere che ciascuno indossa. Un western (moderno) incentrato sulle finezze psicologiche sembrerebbe manna dal cielo, e infatti la critica ha gradito parecchio (ben 12 nomination agli Oscar, con la forte probabilità di portare a casa i premi più importanti!). Eppure, sin dai tempi di "Lezioni di piano", c'è sempre qualcosa nei film della Campion che non mi va a genio e che mi lascia la sensazione di aver perso il mio tempo a guardarli: l'impressione di un mondo artefatto e fasullo, che sotto l'apparente ambiguità nasconde psicologie da romanzo Harmony, con una confezione patinata e manierista, emozioni e sentimenti artificiali e caratterizzazioni di carta velina. Il risultato è un film in gran parte noioso, trascinato e manierista, che si ravviva però nel finale, quando lo "scontro" fra gli unici due personaggi che contano davvero nella storia (ovvero Phil e Peter: Rose e George invece, nonostante il lungo tempo di esposizione sullo schermo, restano figure marginali e, nel caso di lei, patetiche) si fa più diretto e persino esplicito. Rimane dentro anche una buona atmosfera, veicolata dalla bella colonna sonora (di Jonny Greenwood dei Radiohead) e dai paesaggi malickiani (il "cane" del titolo è legato alla conformazione dei monti che circondano le pianure in cui si svolge la storia). Ottimi gli interpreti. La Campion non dirigeva un film cinematografico da 12 anni, ovvero dall'orribile "Bright star".

5 commenti:

Babol ha detto...

Lieta di vedere che qualcuno è rimasto "unimpressed" quanto me. Attori bravissimi, fotografia strepitosa, ma la sua eccessiva freddezza ha fatto sì che non rimanessi coinvolta praticamente in nulla di ciò che viene mostrato sullo schermo. Peccato.

Christian ha detto...

Esatto, soprattutto la prima ora di film mi ha detto veramente poco.

Jean Jacques ha detto...

Per me buon film... ma gli manca qualcosa. Lavora forse troppo di sottrazione.

Christian ha detto...

Ha buoni spunti, ma non è certo quel capolavoro che (alcuni) dicono.

Christian ha detto...

Aggiornamento Oscar: 12 nomination, ma una sola statuetta vinta da "Il potere del cane", quella per la regia.