21 aprile 2018

Il prigioniero coreano (Kim Ki-duk, 2016)

Il prigioniero coreano (Geumul)
di Kim Ki-duk – Corea del Sud 2016
con Ryoo Seung-bum, Lee Won-gun
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Visto al cinema Eliseo.

L'elica del motore della barca di Nam Chul-woo, un pescatore nordcoreano che vive vicino al confine, si impiglia nelle reti e lui viene trascinato dalla corrente fino ad approdare nella Corea del Sud. Qui è subito arrestato dai militari, che lo sospettano di essere una spia del Nord. Quando, dopo torture e inganni di ogni tipo, capiranno di avere a che fare con un semplice pescatore, cercheranno di farlo disertare, mostrandogli le "ricchezze" del Sud nella speranza che scelga di rimanere lì. Fedele alla propria patria ma soprattutto intenzionato a rivedere la propria famiglia, Nam saprà invece far ritorno al Nord: soltanto per vedersi trattare nello stesso modo ingiusto dalle corrotte forze di sicurezza locali. Il dramma della separazione fra le due Coree (esemplificate dai due orsacchiotti di pezza con cui gioca la figlia del protagonista) e la dualità della natura umana, che può manifestarsi come spietata e vendicativa (Kim Young-min, l'agente incattivito e incline alla tortura) oppure simpatetica e comprensiva (Lee Won-gun, la giovane guardia del corpo) a prescindere dalla parte del confine in cui ci si trova, visti attraverso l'odissea kafkiana (con echi de "Il processo" e "Davanti alla legge" nelle scene della prigionia e degli interrogatori) di un personaggio umile e fondamentalmente buono, che si ritrova schiacciato fra ingranaggi più grandi di lui. Ma tutto è troppo semplicistico, evidente e schematico, senza una reale indagine sociale, politica o psicologica. Ottimo l'interprete protagonista, comunque: è il fratello del regista Ryoo Seung-wan (e infatti recita spesso nei suoi film). Il titolo originale significa "La rete".

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