28 novembre 2017

Assassinio sull'Orient Express (S. Lumet, 1974)

Assassinio sull'Orient Express (Murder on the Orient Express)
di Sidney Lumet – GB 1974
con Albert Finney, Lauren Bacall
**1/2

Rivisto in divx.

Sul celebre treno che da Istanbul conduce in Europa, proprio nella cuccetta a fianco di quella dove dorme l'investigatore Hercule Poirot, viene ucciso a coltellate mister Ratchett (Richard Widmark), ricco uomo d'affari americano dal passato torbido. I sospettati sono numerosi: praticamente tutti coloro che viaggiano nello stesso vagone. Mentre il convoglio è bloccato dalla neve in mezzo ai Balcani, il grande detective belga saprà barcamenarsi fra i tanti (troppi) indizi e ricostruire le insolite circostanze in cui è avvenuto l'omicidio. Da uno dei romanzi più famosi di Agatha Christie, forse il miglior adattamento cinematografico di un giallo classico della scrittrice inglese, visto che può contare sulla regia di un solido professionista come Lumet e su un cast all star che comprende, fra gli altri, Sean Connery, Ingrid Bergman, Anthony Perkins, Lauren Bacall, Jacqueline Bisset, Vanessa Redgrave e John Gielgud. Più che la risoluzione del delitto in sé (che da un certo punto in poi comincia a essere evidente anche chi non avesse letto il romanzo), quello che conta è l'atmosfera e il substrato psicologico della vicenda, con tutti i pezzi che vanno lentamente al proprio posto e il ruolo di ciascun personaggio che viene pian piano definito. Decisamente old style per ambientazione (metà anni trenta), impostazione (il classico whodunit con l'investigatore che interroga uno a uno i sospettati), regia, recitazione e colonna sonora, il film ha tutta la scorrevolezza delle migliori pagine della Christie, nonché un finale a suo modo memorabile. Il plot è ispirato al vero caso del rapimento del figlio di Charles Lindbergh, avvenuto nel 1932, solo due anni prima della pubblicazione del romanzo. Albert Finney dà vita a un Poirot impomatato, mentre nel cast corale svettano la Bacall (in un ruolo acido e autoironico) e la Bergman (per lei anche un Oscar come attrice non protagonista). Notevole la scelta di Perkins per la parte del giovane con un complesso edipico (reminiscenze di "Psyco"?). Rifatto per la tv nel 2001 e nuovamente per il cinema (diretto e interpretato da Kenneth Branagh) nel 2017.

4 commenti:

Lakehurst ha detto...

piccolo cult personale, manierista e ripetitivo, ma mai noioso. Con un Finney che più macchiettistico sarebbe difficile, ma efficacissimo

Christian ha detto...

L'ho rivisto per prepararmi al remake di Kenneth Branagh, che difficilmente sarà all'altezza...
Di certo rimane un film molto piacevole, e anch'io ritengo che Finney qui sia davvero efficace. Ma devo dire che questo tipo di gialli, così statici, mi sembrano funzionare meglio sulla pagina scritta che non sullo schermo.

Marco C. ha detto...

Visto ieri sera, alcuni giorni dopo aver guardato il remake di Branagh. Ritengo l'originale del '74 inferiore al remake che, a mio avviso, ha maggiore profondità. La versione di Lumet infatti presenta personaggi bidimensionali, tra cui lo stesso protagonista mai approfondito dal punto di vista emotivo. Spiccano esclusivamente le interpretazioni della Bergman e di Cassel, entrambe ricche di sentimento. La versione di Branagh è teatrale e fa di Poirot un personaggio shakespeariano a tutto tondo, mosso da passioni e dubbi. Il finale eccellente con i convitati seduti ad un lungo tavolo, sia imputati che giudici, supera di gran lunga ogni ambizione scenica di Lumet. Attendo la Tua recensione dell'opera di Branagh.

Christian ha detto...

Ho appena visto il remake di Kenneth Branagh (fra qualche giorno ne pubblicherò la recensione). Confermo che l'originale di Lumet, secondo me, è invece migliore. Pur non essendo un capolavoro, è perfettamente equilibrato fra giallo, dramma e commedia, con un Poirot autoironico che guida lo spettatore nei meandri della vicenda. Un autentico detective da whodunit classico non deve avere "passioni e dubbi", quelli sono riservati alle spalle (i dottor Watson di turno, ovvero l'alter ego del lettore/spettatore) e agli altri personaggi, vale a dire i vari indiziati. Questi ultimi, pur riconoscendo loro un po' di quella bidimensionalità di cui parli, nella versione di Lumet hanno almeno un minimo di memorabilità: in quella di Branagh sono tutti sovrastati e messi in ombra da Poirot, unico personaggio di cui alla fine ci si ricorda, che il regista/attore riveste della sua consueta megalomania e rende protagonista persino di alcune scene d'azione (!).