T2 Trainspotting (Danny Boyle, 2017)
T2 Trainspotting (id.)
di Danny Boyle – GB 2017
con Ewan McGregor, Ewen Bremner
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Visto al cinema Uci Bicocca.
Dopo vent'anni, il regista Danny Boyle e lo sceneggiatore John Hodge si riuniscono con gli stessi attori per realizzare un sequel del film che per primo li aveva resi famosi, tratto anch'esso – come il precedente – da un romanzo ("Porno") di Irvine Welsh. Ritroviamo così i quattro personaggi sopravvissuti al primo "Trainspotting", e scopriamo che le cose per loro non sono molto cambiate, se non in peggio. Fuggito ad Amsterdam dopo aver sottratto sedicimila sterline ai suoi amici, Mark Renton (Ewan McGregor) torna ora ad Edimburgo per cominciare una nuova vita. Nel frattempo Daniel/Spud (Ewen Bremner) non ha fatto molti progressi nella vita, ed è ancora un tossico; Simon (Jonny Lee Miller) gestisce un pub e vive di piccoli ricatti grazie all'amicizia con una giovane prostituta bulgara, Veronica (Anjela Nedyalkova); e Francis Begbie (Robert Carlyle) è appena evaso di prigione. Se Simon – che sta progettando di ristrutturare il pub, trasformandolo in un bordello – fa presto a superare i vecchi rancori, e Spud cerca una nuova ragione di vita nella scrittura, Begbie non ha dimenticato il tradimento di Mark e vorrebbe vendicarsi, ma nel frattempo prova anche a ricucire i rapporti con il figlio Francis Jr., che non intende proseguire sulla strada paterna. Colorato, cinico, spigliato e malinconico al tempo stesso, il film rappresenta un'operazione-nostalgia tanto per lo spettatore (che vi ritrova situazioni identiche a quelle del film originale – del quale vengono inseriti persino alcuni fotogrammi, come fossero lampi di memoria – e persino accenni della stessa colonna sonora) quanto per i personaggi (l'unico character di rilievo introdotto ex novo, Veronica, li rimprovera infatti di "pensare sempre al passato"). E in effetti lascia la stessa sensazione che lasciava "Blues Brothers 2000", ossia quella di essere un seguito non brutto in sé e per sé, ma di cui non c'era probabilmente alcun bisogno. Il primo "Trainspotting" era autosufficiente: non serviva sapere che cosa avrebbero fatto i personaggi dopo la sua conclusione (anzi, sorprende che siano ancora tutti in vita!) e ciò che ci viene detto qui non cambia la nostra opinione di loro. In più, indugiando nel ripercorrere strade che aveva già battuto nel 1996, il film ci dimostra che ciò che allora era d'impatto, scioccante, sovversivo o dirompente (le pulsioni di morte, l'attacco ai valori sociali, il ritratto della tossicodipendenza, l'approccio cinico e svagato all'amicizia e all'amore) oggi, quando non assente, appare del tutto innocuo e ben "digerito": vent'anni di cinema post-moderno e tarantiniano non sono passati invano. Difficilmente "T2" diventerà un film di culto, anzi probabilmente l'unico motivo per cui non è passato nella totale indifferenza è l'appeal verso chi aveva amato il primo capitolo. Persino il finale, all'insegna del "tradimento" (tema forse conduttore, anche metacinematograficamente, dell'intera pellicola, a partire da un'Edimburgo dove l'accoglienza è gestita da hostess slovene), riecheggia quello di vent'anni prima. Detto questo, se si ragiona oltre questi limiti, il film ha i suoi pregi: buon ritmo, ottima regia e bella atmosfera, con tutto il piacere di una rimpatriata fra (ex) amici, che scopriamo però essere meno interessanti di quando erano giovani.
2 commenti:
Mi è piaciuto tantissimo anche questo, pur non essendo all'altezza del primo capitolo. Ho apprezzato tanto sia i rimandi al primo Trainspotting sia la presa in giro del regista ai danni di spettatore e personaggi!
Anche quello di Boyle è (consapevolmente) un "tradimento" della fiducia dello spettatore! Ma nel complesso, secondo me, resta un film di cui si poteva benissimo fare a meno... Lo stile è ammiccante ma sembra artificiale, Renton e Begbie diventano personaggi molto più convenzionali e meno interessanti di una volta, soltanto Spud ne esce bene e porta a compimento il proprio arco narrativo.
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