Jackie (Pablo Larraín, 2016)
Jackie (id.)
di Pablo Larraín – USA/Cile/Francia 2016
con Natalie Portman, Peter Sarsgaard
**1/2
Visto al cinema Arcobaleno.
Una settimana dopo l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy a Dallas, l'ex first lady Jaqueline (Natalie Portman), nella sua residenza di Hyannis Port, concede una lunga intervista a un giornalista (Billy Crudup) per raccontare gli ultimi giorni "dal suo punto di vista". Il suo vero scopo è quello di rendere il marito una figura mitica, affinché non venga dimenticato. Per lo stesso motivo – in una serie di scene mostrate in flashback che si alternano con le sequenze dell'intervista – ha organizzato il funerale ispirandosi a quello di Abraham Lincoln, nella speranza di associare il destino dei due presidenti anche dopo la morte. Più che sugli eventi di cronaca (la ricostruzione d'epoca è comunque eccellente), un film dunque sul ruolo dell'uomo nella storia e sulla considerazione dei posteri: sin dalle scene che ripropongono il tour televisivo di Jackie nella Casa Bianca, si fa avanti il tema della dimenticanza e del rischio che ogni nuovo presidente cancelli o porti via la memoria di quelli che l'hanno preceduto (proprio come ogni nuova first lady si preoccupa di modificare l'arredamento della casa stessa). Il funerale organizzato da Jackie, al pari dell'intervista che rilascia, come detto sono accuratamente studiati per trasformare JFK in un mito: non a caso, si fa strada il concetto di Camelot (anche attraverso un brano dell'omonimo musical), uno dei luoghi mitici per eccellenza, al quale legare – ammantandolo di nostalgia – il breve periodo della sua presidenza. Formalmente impeccabile, il ritratto di personaggio che ne esce è però a tratti un esercizio di stile un po' freddo e ingessato. Ottima la Portman, che la regia di Larraín (al primo film in lingua inglese) segue sempre da vicino, con abbondanza di primissimi piani e una macchina da presa che resta incollata alla protagonista mentre cammina fra le sale di Washington o sui prati del cimitero di Arlington, durante i suoi colloqui non solo con il giornalista (ispirato a Theodore H. White di "Life") ma anche con un prete (John Hurt), il cognato Bobby (Peter Sarsgaard) e l'assistente personale Nancy (Greta Gerwig). Il danese Caspar Phillipson è JFK, John Carroll Lynch è Lyndon Johnson, Max Casella è Jack Valenti, Richard E. Grant è William Walton. Da sottolineare anche la colonna sonora di Mica Levi, a base di sonorità per archi drammatiche e inquietanti. La sceneggiatura di Noah Oppenheim era stata inizialmente pensata per una breve serie televisiva.
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