Elle (Paul Verhoeven, 2016)
Elle (id.)
di Paul Verhoeven – Francia/Germania 2016
con Isabelle Huppert, Laurent Lafitte
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Visto al cinema Colosseo, con Sabrina.
Quando Michèle Leblanc viene aggredita e violentata in casa sua da uno sconosciuto con il passamontagna, anziché chiamare la polizia la donna preferisce andare avanti con la sua vita ordinata come se nulla fosse successo. Anche perché ha già vissuto la sua dose di orrore e di violenza in passato (il padre è da oltre trent'anni in carcere per una serie di delitti commessi quando lei era bambina), e per questo motivo vive ormai "al di là del bene e del male". Donna in carriera, presidente di una società di videogiochi che dirige con il pugno di ferro, odiata più o meno da tutti, cerca a fatica di tenere il suo intero mondo sotto controllo, senza guardare in faccia nessuno: che si tratti della famiglia (maltratta il figlio, di cui disprezza la nuova fidanzata; l'ex marito, nelle cui nuove relazioni mette i bastoni fra le ruote; e la madre, di cui disapprova i giovani amanti), delle amicizie (va a letto con il marito della sua miglior amica e collega Anna) e del lavoro (umilia in continuazione il più brillante dipendente della sua ditta di videogiochi). Ovvio che qualcuno ce l'abbia con lei: e infatti il misterioso assalitore si rifà vivo con messaggi osceni, minacciando di aggredirla di nuovo. Dopo aver ristretto il campo dei possibili colpevoli alle persone che conosce, Michèle scoprirà finalmente di chi si tratta: ma a questo punto, a differenza di un normale thriller, una volta svelata l'identità del responsabile il film non solo non termina ma prende una piega inaspettata... Soltanto quando avrà finalmente chiuso i conti con il proprio passato (e in particolare con il padre), la protagonista farà finalmente chiarezza su sé stessa e riuscirà a mettere in ordine i fili ingarbugliati della sua esistenza (e quelli dei rapporti con chi la circonda). Con una sceneggiatura densissima, tratta da un romanzo di Philippe Djian, Verhoeven – che torna al cinema a dieci anni di distanza da "Black Book", e con il suo primo lavoro in lingua francese (dopo aver inutilmente tentato di girarlo negli Stati Uniti con un'attrice americana) – sforna un film lucido e intenso, che parte come una pellicola di Haneke, si trasforma a metà strada in un giallo e si sviluppa infine sul piano del thriller erotico-psicologico, uscendo completamente dagli schemi prevedibili dei revenge movie convenzionali (con quella sfrontata audacità che è sempre stata il tratto migliore del regista olandese, e che fa spesso infuriare i suoi detrattori), senza rinunciare peraltro ad alcuni momenti di humour sottile. Circondata da tanti personaggi-satelliti, al centro rimane sempre la figura complessa di Michèle, interpretata da una straordinaria Huppert (maldestramente doppiata però nella versione italiana). In particolare, attorno a questa donna forte, le figure maschili tendono a mostrarsi impotenti, facilmente manipolabili e in preda a legami assai esili, fino a uscire quasi tutti di scena e svanire all'orizzonte.
6 commenti:
Straordinario tutto, tranne la svolta erotico-psicologica prima del finale. Lì il film mi si è ammosciato, non l'ho sopportato più. Peccato, perché fino alla "rivelazione" non riuscivo a scollare gli occhi dallo schermo. (E fortunatamente ho evitato il doppiaggio perché la Huppert è favolosa)
Invece, secondo me, è proprio quella svolta il segreto del film, quello che lo rende qualcosa di più rispetto a un convenzionale "rape and revenge movie". Senza il rapporto che si instaura fra violentatore e vittima, il film (per quanto ben diretto e ben recitato) non avrebbe avuto nulla di particolarmente originale da offrire: così, invece, nella sua analisi di un rapporto deviato, diventa a tratti quasi una versione più perversa e violenta di "Secretary".
Fra l'altro, pare che proprio per questi aspetti ambigui Verhoeven non sia riuscito a trovare nessuna attrice americana che volesse interpretare il ruolo della protagonista, e abbia dovuto "ripiegare" (si fa per dire) sulla Huppert, decidendo di girare il film in Europa e in francese.
"La ringrazio perché ha dato a mio marito qualcosa che da me non poteva avere" è una battuta strepitosa :)
come tante altre cose, comunque.
Battuta che getta tutta un'altra luce sul personaggio della vicina, fra l'altro! :)
Sì, è proprio lo spiraglio che si apre sul "bigottismo " che aggiunge notevole interesse psicologico a tutto il quadro già tracciato sull'ipocrisia e sull'interesse morboso per i fattacci di cronaca.
Uscirne induriti come la protagonista è il minimo...Ci vuole certamente una notevole intelligenza e forza di carattere! Degno veramente di Haneke, ma, nonostante tutto, a lieto fine...
Se a un film di Haneke aggiungessimo l'ironia e il lieto fine, questo sarebbe il risultato! :)
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