Captain Fantastic (Matt Ross, 2016)
Captain Fantastic (id.)
di Matt Ross – USA 2016
con Viggo Mortensen, George MacKay
**1/2
Visto al cinema Eliseo, con Sabrina.
Ex hippy e seguaci delle idee di Henry David Thoreau ("Vita nei boschi") e di Noam Chomsky, Ben Cash (Mortensen) e la moglie Leslie hanno cresciuto i loro sei figli (Bodevan, Kielyr, Vespyr, Rellian, Zaja e Nai: tutti nomi inventati per far sì che ognuno di loro fosse "unico" e speciale) nelle foreste selvagge del Nord degli Stati Uniti, lontano dalla civiltà e dal consumismo. Pur non andando a scuola, i ragazzi sono colti e istruiti: oltre ad addestrarli alle tecniche di sopravvivenza nella natura più impervia, Ben li fa leggere e studiare, e naturalmente instilla loro la propria filosofia, le fondamenta del pensiero ateo e critico e le sue idee contro il capitalismo e la società moderna. Alla morte di Leslie, suicidatasi nella clinica dove era ricoverata per un disturbo bipolare, l'uomo – nonostante l'opposizione del suocero Jack (Frank Langella), che minaccia di sottrargli la custodia dei ragazzi – decide di portare i figli al funerale della madre, nel lontano New Mexico, anche per esaudire le ultime volontà della donna (quelle di essere cremata e non sepolta con una cerimonia religiosa). Tra "Mosquito Coast" e "Into the Wild" (ma i toni ricordano quelli di un'altra commedia indipendente e on the road, "Little Miss Sunshine"; e se vogliamo, lo spunto di partenza è simile a "La grande avventura"), una pellicola che celebra l'anticonformismo e fa riflettere su temi come l'educazione, il consumismo, il rapporto fra genitori e figli e quello con la società. Pur semplicistico e viziato da un pizzico di retorica (è pur sempre un film americano, con tanto di obbligatorio lieto fine), il lungometraggio è efficace nel mettere a confronto l'ipocrisia borghese dei parenti con la schiettezza e l'integrità di Ben (che risponde sempre a ogni domanda dei propri figli, non risparmiando loro chiarimenti e spiegazioni – anche scomode – su ogni fatto della vita). Ma al tempo stesso non nasconde gli effetti negativi della sua filosofia di opposizione al sistema: anche se sono stati addestrati a sopravvivere nel migliore dei modi nel contesto della natura, i ragazzi si scoprono incapaci di relazionarsi con la realtà esterna, tanto che lo stesso Ben riconoscerà alcuni dei propri errori e lascerà ai figli la libertà di andare via, se lo desiderano, o di integrarsi ed entrare in contatto con altri modi di pensare (e in questo il film si differenzia, per esempio, dal ben più radicale "Dogtooth" di Yorgos Lanthimos).
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