The happiness of the Katakuris (T. Miike, 2001)
The happiness of the Katakuris (Katakuri-ke no kofuku)
di Takashi Miike – Giappone 2001
con Kenji Sawada, Naomi Nishida
***
Rivisto in divx alla Fogona, con Monica, in originale con sottotitoli.
La famiglia Katakuri si è trasferita in campagna per gestire una piccola pensione in una zona poco frequentata da turisti e campeggiatori. Ma i loro clienti hanno una brutta abitudine: per volontà (suicidio) o per caso (incidente), finiscono tutti col morire mentre sono ospiti dell'albergo. Per evitare che la notizia dei decessi si propaghi e getti una cattiva luce sulla struttura, il capofamiglia Masao convince i parenti a seppellire i cadaveri presso il laghetto adiacente, senza dire nulla alla polizia... Remake della black comedy sudcoreana "The quiet family", che Miike trasforma in un musical demenziale e grottesco, un misto di commedia e horror a briglie sciolte: se la trama segue più o meno fedelmente quella del film originale, lo stile salta di palo in frasca, con sequenze animate a passo uno (sin dai titoli di testa) e inserti musicali che evidenziano con enfasi palesemente esagerata lo stato d'animo dei personaggi. Situazioni farsesche e paradossali, momenti splatter, comici o surreali (il nonno che colpisce al volo i corvi con tronchi di legno!), personaggi sopra le righe (il truffatore che millanta di essere parente dei reali d'Inghilterra) e coreografie trash e kitsch, per una pellicola che non si prende mai sul serio e che, se si riesce a stare al gioco, garantisce un divertimento sfrenato e contagioso, anche quando esalta – mettendoli in fondo alla berlina – i valori dell'unità della famiglia e dell'ottimismo che aiuta a superare ogni ostacolo. Come detto, il regista non si fa scrupolo a ricorrere in certe sezioni a una grottesca animazione in stop motion (nei titoli di testa e in alcune sequenze particolarmente “spettacolari” che, se fossero state girate in live action, avrebbero richiesto costosi effetti speciali) e persino a canzoni particolarmente sdolcinate che invitano il pubblico a cantarle insieme agli interpreti, con tanto di sovrimpressioni per il karaoke. A tratti esilarante, anche se come spesso capita Miike sembra non avere limiti nel buono o nel cattivo gusto. Dieci anni fa mi aveva entusiasmato e sorpreso per la sua anarchica follia nonsense. Devo però confessare che, rivisto una seconda volta, mi è parso un po' meno divertente.
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