26 settembre 2014

Venezia e Locarno 2014 - conclusioni

È stata una rassegna molto superiore alle aspettative, con almeno quattro film sugli scudi ("Melbourne" dell'iraniano Nima Javidi, "Le dernier coup de marteau" della francese Alix Delaporte, "Figlio di nessuno" del serbo Vuk Ršumovic e soprattutto "From what is before" del filippino Lav Diaz, vincitore a Locarno) e tante altre pellicole comunque interessanti e meritevoli di visione (fra cui ricordo "The president", "Jackie & Ryan", "Burying the ex", "Tales", "Villa Touma" e "The humbling"). Certo, la maggior parte di queste provenivano dalle sezioni collaterali della Mostra e non dal concorso ufficiale, ma purtroppo è una tendenza degli ultimi festival veneziani (anche l'anno scorso i film migliori, "Locke" e "Gravity", erano fuori concorso). Speriamo che la maggior parte possa trovare spazio nella distribuzione regolare in sala (per il lento e lunghissimo film di Lav Diaz sarà quasi impossibile, me ne rendo conto, ma per gli altri chissà). Fra i temi più gettonati di quest'anno c'erano i bambini, i ragazzi e gli adolescenti in generale: dal nipotino di "The president" al ragazzo selvaggio di "Figlio di nessuno", dallo straordinario protagonista di "Le dernier coup du marteau" al neonato di "Melbourne". Molta attenzione anche per la musica (dal folk/country di "Jackie & Ryan" alla sinfonica di "Le dernier coup de marteau"). E come sempre, si esce da queste rassegne con la felice consapevolezza che le cinematografie di alcune regioni del mondo, forse "periferiche" rispetto alla dittatura hollywoodiana, sono più vive che mai (con l'Iran – ma forse il Medio Oriente in generale, dal Libano alla Palestina – in prima fila).

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