Le dernier coup de marteau (A. Delaporte, 2014)
Le dernier coup de marteau
di Alix Delaporte – Francia 2014
con Romain Paul, Clotilde Hesme
***
Visto al cinema Apollo, in originale con sottotitoli
(rassegna di Venezia).
Victor, tredicenne taciturno e arrabbiato con il mondo, vive in una roulotte sulla spiaggia presso Montpellier con la madre, malata terminale di cancro. Il ragazzo divide il suo tempo fra la scuola, gli allenamenti di calcio (il suo allenatore, convinto che abbia talento, vorrebbe che si sottoponesse a un provino) e la compagnia dei vicini di origine spagnola Luna e Miguel. Quando il padre che non ha mai conosciuto, un celebre direttore d'orchestra straniero, fa ritorno in città per dirigere in un concerto la sesta sinfonia di Mahler (la "Tragica"), Victor decide di approcciarlo, andando in segreto ad osservarlo durante le prove... E l'uomo – dopo un iniziale rifiuto – accetta il riavvicinamento; e per superare l'imbarazzo di non avere niente in comune, comincia a sottoporlo a una personale educazione musicale. È inutile negarlo: i francesi ci sanno fare con le storie di bambini e adolescenti. Questo film, pur essendo ad alto rischio (con temi "forti" come la malattia della madre, i rapporti con il padre, la difficoltà di Victor nel relazionarsi con il mondo in un momento in cui sta entrando – forse troppo rapidamente – nell'età adulta), non gioca mai la carta del ricatto, della retorica o della svolta più scontata, ma si rivela intelligente e commovente e scorre via con grande naturalezza, fra brevi e inattesi momenti da ricordare (il tuffo, il taglio di capelli) e una conclusione più che soddisfacente (in cui vediamo per la prima volta il viso di Victor distendersi su un sorriso). Quello di Delaporte (anche co-sceneggiatrice, al suo secondo film) è un cinema che vive, che respira, che ritrae il mondo con sensibilità e gentilezza, e da cui non si vorrebbe mai uscire. La regia è ben servita da una fotografia maturalista ma capace di donare a tratti una luce magica a scenari che altrimenti potrebbero sembrare del tutto ordinari, mentre la sceneggiatura, profonda e mai gridata, può contare su una recitazione intensa e convincente (davvero ottimo il piccolo protagonista) per dare vita una storia intima e personale, carica di speranza anche se calata in una realtà di disagio, dove ogni elemento ha la sua importanza ed è al contempo soltanto un frammento di una immagine più grande, senza prendere il sopravvento sul resto. Persino la metafora musicale, sottilmente diffusa in tutta la pellicola sin dal titolo (che fa riferimento all'ultimo dei tre "colpi di martello" presenti nella sinfonia di Mahler per indicare l'ineluttabilità del destino, che il compositore scelse in un secondo momento di eliminare e che, a discrezione del direttore d'orchestra, può essere inserito oppure omesso dall'esecuzione) non sovrasta la visione d'insieme ma accompagna dolcemente la crescita del protagonista – ottimamente illustrata dalla scena in cui prova a indossare una vecchia maglietta, ormai troppo piccola – durante il suo bello e difficile percorso.
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