La luna (Bernardo Bertolucci, 1979)
La luna
di Bernardo Bertolucci – Italia/USA 1979
con Jill Clayburgh, Matthew Barry
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Visto in DVD, in originale con sottotitoli.
In seguito all'improvvisa morte del marito, la cantante lirica americana Caterina ritorna in Italia – dove aveva vissuto e studiato in gioventù – portando con sé il figlio quindicenne Joe. Troppo presa da sé stessa e dal proprio lavoro, non si accorge dell'enorme solitudine in cui versa il ragazzo, che si aggira da solo o in compagnia di amici occasionali per le strade di una Roma pasoliniana ed esotica. Ma quando scopre che il figlio è diventato un tossicomane, cercherà disperatamente di riallacciare un rapporto con lui e di dargli finalmente quell'affetto che gli aveva negato o centellinato: dapprima procurandogli la droga di cui ha bisogno, poi coinvolgendolo in un viaggio attraverso i luoghi delle sue stesse radici (ovvero la campagna parmigiana in cui è cresciuto anche Bertolucci: vediamo la villa di Verdi, una trattoria dove Pippo Campanini fa assaporare il culatello a Joe – proprio come aveva fatto con Giulio Brogi in "Strategia del ragno" – e a un certo punto persino la corte dove si svolgono alcune scene di "Novecento", con la protagonista che commenta "So dove siamo!"), e infine addirittura "accompagnandone" la prima sessualità, in un crescendo di scene ai limiti dell'incesto (che fecero scandalo in America). Sarà invece proprio Joe a capire che cosa manca sia a lui che alla madre, e a ricomporre – in un finale catartico – l'unità familiare, facendo rincontrare dopo molti anni, con uno stratagemma, Caterina e Giuseppe, l'uomo che ha scoperto essere il suo vero padre.
Dopo la lunghissima lavorazione di un film storico, politico, corale e collettivo come "Novecento", Bertolucci sentiva la necessità di realizzare una pellicola più intimista e personale (un'alternanza, questa fra kolossal e film più "piccoli", che contraddistingue tutta la sua produzione). Lo spunto glielo fornisce un ricordo d'infanzia, un'immagine di quando – da bambino ancora molto piccolo – veniva portato in bicicletta da sua madre: la scena sulla quale scorrono i titoli di testa, magistralmente resa dalla fotografia di Vittorio Storaro, non è altro che la rappresentazione di questo ricordo, in cui il volto della madre e il disco della luna piena che si staglia nel cielo notturno dietro di lei si confondono e si identificano (la luna, oltre a dare il titolo al film, tornerà più volte nel corso della pellicola: suggestiva, per esempio, la sua inattesa comparsa quando – per fare entrare l'aria fresca – viene aperto il soffitto mobile del cinema in cui si sono rifugiati Joe e la sua fidanzatina Arianna e in cui si proietta "Niagara" con Marilyn Monroe). Per la prima volta il cinema di Bertolucci, fino ad allora sempre attraversato dalla figura del padre (ricordiamo che Bernardo era figlio di Attilio, stimato poeta e "ingombrante" punto di riferimento), si rivolge invece a quella della madre. Sempre nell'incipit del film, vediamo la giovane mamma dare del miele al bambino neonato, che reagisce con qualche colpo di tosse: il miele, così dolce ma anche causa di soffocamento, è proprio l'affetto della madre che Joe, quando se ne sente privo, cercherà di sostituire con un altro "veleno" altrettanto seducente e letale (l'eroina).
Anche se i personaggi principali del film sono solo due, il cast di contorno è di notevole interesse. Tomas Milian è Giuseppe, il vero padre di Joe, che lavora come maestro elementare; Alida Valli, che aveva già recitato con Bertolucci in "Stategia del ragno" e "Novecento", è la madre dello stesso Giuseppe (anche questi, come il figlio, sembra infatti soffrire di un complesso di Edipo: a un certo punto Caterina dice che lo aveva lasciato perchè "era innamorato di sua madre"); Veronica Lazar è Marina, l'amica (lesbica?) della protagonista; Fred Gwynne (il Frankenstein della serie tv "I mostri"!) è Douglas, il marito di Caterina all'inizio del film; Franco Citti è l'uomo che approccia Joe nel bar, nella scena più "pasoliniana" del film (un omaggio del regista all'amico, per il quale aveva lavorato come aiuto regista proprio in "Accattone" e che era morto da poco: l'intenzione originale era quella di inserire nel locale un televisore che dava la notizia del ritrovamento del cadavere di Pasolini, ma la scena fu eliminata perché "troppo dolorosa"); Renato Salvatori è il comunista che dà un passaggio in auto a Caterina; Roberto Benigni ("scoperto" proprio dal fratello di Bertolucci, Giuseppe, che lo aveva diretto nel suo primo film, "Berlinguer ti voglio bene") è l'operaio che monta le tende in casa di Caterina; Carlo Verdone è il regista, nel finale, delle prove di "Un ballo in maschera", quando la protagonista – che per dedicarsi completamente al figlio ha deciso persino di smettere di cantare, e difatti la vediamo recitare i versi dell'opera senza intonarli – riacquista immediatamente il sorriso e la voce dopo che si trova di fronte l'uomo che aveva amato quindici anni prima. Fondamentale l'utilizzo della musica lirica, che vista l'ambientazione è ovviamente quasi del tutto verdiana (se si eccettua il breve momento in cui il vecchio maestro di Caterina le fa ascoltare il terzetto "Soave sia il vento" da "Così fan tutte" di Mozart, scelto – come ha precisato lo stesso Bertolucci – "per rompere la verdianità e il melodramma" che permeano l'intera pellicola). A teatro Caterina interpreta "Il trovatore" (volteggiando su un fondale che raffigura il cielo stellato e naturalmente la luna, proprio come l'affresco disegnato dagli scolari della classe in cui insegna Tomas Milian: in quel caso la luna sarà aggiunta da Joe), una sequenza è accompagnata dal preludio del terzo atto de "La traviata", mentre – come già detto – la pellicola si conclude con le note de "Un ballo in maschera", allestito in pompa magna alle Terme di Caracalla.
2 commenti:
Rivisto qualche giorno fa dopo tanti anni...ha molti momenti suggestivi, bellissime specialmente le scene d'opera, il prologo e la Clayburgh è molto intensa però il film ha alcune cadute di tono veramente imperdonabili. Tra queste l'incesto certo, così poco credibile e gratuito ai fini della trama, ma anche altri momenti tipo la sequenza con Citti (pasoliniana solo perche c'è Citti?) o il passaggio della macchina al funerale con quel gruppo di gente che osserva ebete e curiosa attraverso i finestrini, la scena della doccia con la Lazar ecc. ecc.
La cosa che più mi irrita in Bertolucci è questo suo voler sorprendere ad ogni costo, questo suo programmatico voler scandalizzare, è una cosa comune in molti suoi film purtroppo, penso a The Dreamers o Io ballo da sola.
E' un atteggiamento che trovo così snob nonchè totalmente inutile.
Questo poteva essere un formidabile melò, fiammeggiante direi se ci fosse stato più rigore, meno personaggi famosi ai limiti della macchietta, meno smania di voler stupire a ogni costo.
Quelli che citi sono un po' i "difetti" non solo di Bertolucci ma di gran parte del cinema italiano, compreso quello dei grandi maestri, che spesso al "rigore" preferiscono l'estemporaneità, l'elemento inserito per seguire l'impulso del momento o l'emozione, rischiando dunque anche le cadute di stile. Però (e per questo li ho messi fra virgolette) sono "difetti" che, se ci si abitua, possono anche finire addirittura col piacere. Vedere un film di Bertolucci è come soggiornare in un agriturismo: ti puoi lamentare perché non tutto funziona perfettamente come in un hotel di lusso, ma ci trovi una certa "veracità" e ci puoi gustare ottimi prodotti tipici (non a caso il cinema di B. è molto "legato al territorio") ^^.
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