Cinque donne attorno a Utamaro (K. Mizoguchi, 1946)
Cinque donne attorno a Utamaro (Utamaro o meguru gonin no onna)
di Kenji Mizoguchi – Giappone 1946
con Minosuke Bando, Kinuyo Tanaka
**1/2
Visto in DVD, in originale con sottotitoli.
Kitagawa Utamaro, vissuto nel settecento, è stato uno dei più celebri autori di ukiyo-e, le stampe giapponesi a colori, popolare soprattutto per i suoi ritratti di "bellezze femminili" (bijin-ga), i cui soggetti erano sia cortigiane che ragazze di strada. Costruita su una struttura episodica e ispirata ad alcuni aneddoti reali della sua vita, la pellicola si concentra, più che su Utamaro stesso, sui personaggi che gli gravitano attorno e sull'ambiente in cui lavorava (il suo studio era nei pressi di Yoshiwara, il quartiere dei piaceri dell'antica Edo). Per girarla, Mizoguchi dovette ottenere un'autorizzazione speciale dalle forze di occupazione americane in Giappone, che dopo la fine della seconda guerra mondiale avevano proibito la realizzazione di jidai-geki (i film ambientati nell'epoca feudale) perché considerati portatori di valori "antidemocratici". Il regista convinse però le autorità che il personaggio di Utamaro era un artista amato dal popolo e sostanzialmente estraneo ai valori feudali dell'epoca. Il film si apre con la sfida che Utamaro riceve da Seinosuke, nobile discepolo della scuola rivale di Kano, che si ritiene offeso da un commento dello stesso Umataro a proposito della "mancanza di vita" dei suoi ritratti. Seinosuke sfida Utamaro a un duello con la spada, ma il pittore lo convince a battersi invece con il pennello: e con pochi tratti non solo gli dimostrerà la propria arte, ma lo convincerà ad abbandonare ogni cosa – la famiglia, il titolo nobiliare, la promessa sposa – per diventare come lui un pittore di strada, "ritrarre la vita" e dipingere al solo scopo di far apprezzare i propri lavori dalla gente semplice. Il film è tutto incentrato sulla febbrile passione per la pittura che anima il protagonista, per il quale amore e arte si fondono (il suo amore per le donne non è mai di natura esclusivamente sessuale ma sempre in chiave di ispirazione artistica: è alla ricerca – come spiega lui stesso – dello "spirito delle donne"): lo dimostra la scena conclusiva, in cui Utamaro – appena liberato dai legacci che per cinquanta giorni gli avevano immobilizzato i polsi, una punizione per aver offeso lo shogun con uno dei suoi dipinti – chiede per prima cosa che gli si porti un pennello perché non può aspettare un solo attimo prima di tornare a lavorare. Le cinque donne del titolo sono Tagasode (una cortigiana la cui pelle così bianca e delicata mette in soggezione persino un esperto tatuatore: sarà Utamaro a disegnare sulla sua schiena un'immagine di Yama-uba e Kintaro, i personaggi di una famosa fiaba), Okita (geisha che lavora in una sala da tè, innamorata del giovane Shozaburo; quando questi fuggirà proprio con Tagasode, Okita li rintraccerà e, folle di gelosia, ucciderà entrambi), Oishi (che abbandonerà la vita da geisha per sposare Take, l'assistente di Utamaro), Oran (contadina che Utamaro spia mentre, insieme ad altre serve, si tuffa in acqua seminuda per pescare davanti agli occhi di un dissoluto signore feudale; affascinato dalla sua bellezza, il pittore le chiederà di fargli da modella) e la nobile Yukie (figlia di Kano e fidanzata di Seinosuke; per seguire l'amato abbandonerà a sua volta ogni cosa, ma sarà da questi tradita con Oran). Grande spazio è dedicato soprattutto alle vicende, speculari, di Okita e Yukie: tanto la prima è forte e sicura di sé stessa, intenzionata a riprendersi l'uomo amato con ogni mezzo e persino a trasgredire le regole della società, tanto la seconda è umile e disposta al sacrificio, pronta a piegarsi al proprio destino. Si tratta, in fondo, dei due estremi che caratterizzano tutte le donne dei film di Mizoguchi, forti e che si ribellano oppure deboli e remissive. Alla fine, comunque, Yukie dichiarerà di aver appreso la lezione di Okita: ora anche lei è pronta a seguire i propri sentimenti fino in fondo, ad "amare liberamente e senza condizionamenti". Pur girato con un budget relativamente ristretto, il film è assai curato nella ricostruzione storica: meravigliosi, in particolare, i costumi e i kimono. Solo sui titoli di coda vengono mostrate rapidamente alcune delle opere di Utamaro.
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